logo
    Cronaca
    2 Novembre 2011
    A Tarquinia e Santa Severa centri di soccorso per le tartarughe marine<br />

    TARQUINIA – Orso marsicano, tartarughe marine, camoscio e rana italica. Sono le specie ad alto rischio estinzione nel Lazio. Se di orsi ne rimangono ormai meno di cinquanta esemplari tra Lazio e Abruzzo, e i camosci sono sempre più rari nel versante laziale del parco nazionale d’Abruzzo, le tartarughe marine sono sempre più messe a dura prova di sopravvivenza dalle plastiche che invadono le acque della costa e dai palangari, dalla loro pesca involontaria. Quanto agli anfibi, l’inquinamento delle acque e parassiti “extracomunitari” li stanno eliminando. Sono i dati emersi oggi nel corso dell’apertura della II Conferenza del Sistema delle aree protette del Lazio in corso presso l’Auditorium Parco della Musica. E’ l’assessore regionale all’Ambiente Filiberto Zaratti ad annunciare che la regione ha aderito e firmato i piani d’azione per l’orso marsicano (Patom) e per le Tartarughe (Patma) finalizzati alla tutela di specie in via d’estinzione messi in campo dal ministero dell’Ambiente cui la regione e gli enti territoriali hanno aderito impegnandosi nel “monitoraggio, informazione, concertazione, prevenzione dei danni, ricerca scientifica e formazione del personale del proprio territorio”, dice Zaratti. L’orso marsicano interessa il versante laziale del parco nazionale d’Abruzzo, nel reatino, con una presenza saltuaria nelle riserve della Duchessa, delle aree dei monti Simbruini Ernici. “La Regione Lazio si impegna nell’emergenza dell’estinzione dell’orso marsicano aderendo al piano d’azione messo in campo dal Ministero dell’ambiente con un documento che e’ passato in fase di approvazione da un’assemblea plenaria nel mese di dicembre scorso. Ora deve essere formalizzato con un’approvazione della giunta regionale”, avverte Claudio Cattena dirigente area conservazione Natura e osservatorio regionale sull’Ambiente. “Stessa cosa per le tartarughe – continua Cattena – è stato firmato il protocollo d’intesa. Al quale seguirà un’azione idonee nelle aree d’interesse delle tartarughe nella parte sud del litorale laziale”. Nello specifico, e’ l’Università della Tuscia a candidarsi presso il ministero dell’Ambiente a istituire un Centro Ittiogenico delle Saline di Tarquinia: “Ci stiamo proponendo come centro di recupero delle tartarughe marine – annuncia Giuseppe Nascetti ordinario di Ecologia del’Università della Tuscia – Nel Lazio così come nel Mediterraneo, il problema più grande per le tartarughe rimane la plastica. Ma anche la pesca con le reti che, seppur involontariamente, cattura parecchi esemplari”. Quella del Camoscio e’ una specie a rischio che interessa i Sibillini, ma a rischio nel Lazio risultano anche gli anfibi, come rane e salamandre, legate all’inquinamento delle acque. “Sto documentando la scomparsa della Rana Italica per la presenza di un parassita sconosciuto – dice Nascetti – un protozoo nuovo, specie mai stata attestata in Italia e in Europa, ma solo segnalato in un tritone negli Stati Uniti. La situazione e ‘ drammatica. Oggi a Tolfa, un tempo patria della specie, non c’e’ più un esemplare di rana italica. L’ipotesi e’ che l’inverno caldo 2006 del 2007 non ha stimolato il sistema immunitario degli anfibi. Le rane devono stare almeno al freddo per tre quattro mesi tra fango e sassi per stimolare il sistema immunitario”. Il lupo rimane specie protetta ma in questo momento non esiste un piano d’azione specifico proposto dal Ministero. Tra le emergenze estinzione, però, il Lazio si candida a regione della Biodiversita. Un esempio su tutti che racconta il direttore dell’agenzia regionale parchi Vito Consoli – e’ il caso di endemismo del Carpione del Fibreno, una specie di pesciolino di lago unica, che di tutto il mondo esiste solo lì nella riserva di Posta Fibrena. Altro caso eccezionale, il fungo di Priverno, una nuova specie appena scoperto nell’omonima area protetta”, conclude Consoli. Entro il 2010 il Lazio sarà dotato di una rete di almeno cinque centri di pronto soccorso per le tartarughe marine. Il fiore all’occhiello sarà nel parco di Gianola, una frazione di Minturno, in piena Riviera di Ulisse nel golfo di Gaeta. Lo annuncia Luca Marini dirigente di Roma Natura e curatore del progetto Patma per il Lazio, il piano d’azione nazionale per la conservazione delle tartarughe marine, promosso dal Ministero dell’Ambiente, cui la Regione Lazio ha aderito. “La Regione Lazio – ha detto Marini oggi nel corso della II conferenza del sistema delle aree protette del Lazio – ha appena firmato il protocollo d’intesa col Ministero per il recupero e il salvataggio delle tartarughe marine. Si tratta ora di avviare l’azione con l’apertura di punti stazione di pronto intervento all’interno di strutture di monitoraggio già operativi in alcune aree protette del litorale laziale da Viterbo a Latina. Si tratta delle Saline di Tarquinia, Macchiatonda a Santa Severa, le Secche di Tor Paterno a Ostia, il Circeo, oltre al parco di Gianola. Questa sarà l’unica sede che nascerà appositamente per il monitoraggio delle tartarughe e dell’ecosistema marino con un progetto ad hoc già finanziato. In futuro vorremmo farne un centro ospedaliero per tartarughe importante”. Al momento, infatti, i casi meno gravi possono essere curati nel Lazio, ma nelle situazioni più rischiose le tartarughe vengono portate dalla capitaneria di porto al Centro di Napoli. Quello dell’assistenza sanitaria alle tartarughe marine è un’azione importante se si considera che ogni anno almeno un centinaio di esemplari vengono trovati. Dalle tartarughe Caretta Caretta di circa un metro, alle tartarughe Liuto di oltre due metri, non necessariamente originarie del Mediterraneo, ma provenienti da ogni parte, anche dalla Bahamas, devono soccombere a traffico nautico che causa spesso ferite da speronamento, a reti da pesca seppur involontarie, a inquinamento, ma anche a mancanza di luoghi di nidificazione. “I centri – avverte Marini – saranno attrezzati con vasche dove poter far stare gli esemplari in acqua pulita e a riposo per le cure. I problemi possono essere di varia natura, ami in bocca, carapaci rotti, stress. E dopo le cure possono essere marcati con placchette metalliche sulle pinne o telecamere sul guscio per seguirne poi le rotte. I centri saranno dotati di un’equipe di veterinari in accordo con Asl o privati, ma conterà molto il volontariato”.