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    Amministrazione
    2 Novembre 2011
    Acqua, chiesto lo stato di calamità naturale

    CIVITAVECCHIA – Il Comune di Civitavecchia ha avviato la richiesta di stato d’emergenza per calamità naturale, a seguito delle frane che, ad inizio settimana, hanno messo in ginocchio mezza città, costretta a fare i conti con oltre cinque giorni di carenza idrica. Quattro i danni, ed altrettanti i conseguenti interventi della task force messa in piedi dal Pincio, su un chilometro di condotta, in una zona però impervia, difficile da raggiungere. Oggi l’acqua è tornata ad uscire dai rubinetti del 90% delle famiglie interessate; dei piccoli problemi sulla condotta dell’Oriolo hanno rallentato il ritorno completo alla normalità. Ma sono stati giorni davvero difficili per cica 25 mila abitanti di Civitavecchia, residenti a San Liborio, Cisterna Faro, via Terme di Traiano alta, Campo dell’Oro e San Gordiano. In numeri si parla di 250 richieste al giorno soddisfatte dalle 11 autobotti a disposizione del Comune: oltre all’unica di proprietà del Pincio sono infatti intervenute quelle della Protezione Civile di Tolfa, Tarquinia, Albano, quella dell’Acea, quelle dell’Esercito e di una ditta privata locale: 40 le persone quotidianamente coinvolte nel fronteggiare l’emergenza, oltre alle squadre di operi impegnati direttamente sul luogo. I mezzi, due escavatori ed una terna, sono ancora a Casale Ciccognale, nel terreno dell’Agraria di Tolfa, per monitorare la situazione. A spiegare nel dettaglio cosa è accaduto in questa settimana sono stati i presidenti di Hcs e Civitavecchia Infrastrutture Massimo Boschini e Salvatori Steri, l’ingegnere del Comune Francesco Della Corte, il chimico Massimo Mecucci e il responsabile dell’impianto Hcs Massimiliano Steri. «Siamo stati alle prese con un danno che non si registrava da almeno 30 anni e che ha richiesto un intervento difficile – ha spiegato Boschini – con l’area raggiungibile solo con mezzi cingolati». Tutti hanno sottolineato come, meglio di così il Comune non potesse fare, sia come intervento in sé, che come durata. «Come è mancata l’acqua – ha aggiunto Massimiliano Steri – abbiamo scandagliato immediatamente i 20 km di conduttura per rilevare il guasto. Siamo intervenuti per risolvere i problmei causati dalle frane: alla fine abbiamo potuto tirare un sospiro di sollievo solo alle 23 di venerdì». Ma come mai l’acqua non è subito tornata nelle case? «Perchè ogni volta che si rompe una condotta all’interno entra fango – ha spiegato Mecucci – dopo 4 rotture, di fango ne avevamo molto: una volta effettuate le riparazioni, quindi, abbiamo dovuto eseguire verifiche ed analisi per ripristinare i parametri normali di potabilità prima di ripristinare il flusso idrico». E’ stato poi l’ingegner Della Corte a ringraziare quanti si sono adoperati in questi giorni, anche dagli altri comuni; d’altronde il Pincio ha a disposizione una sola autobotte «ma stiamo pensando di acquistarne almeno un’altra – ha sottolineato – e di coinvolgere il dipartimento di Protezione Civile». Martedì il Comune incontrerà l’Università Agraria di Tolfa, proprietaria del terreno, mentre giovedì è fissata una riunione in Provincia. A detta infatti di Salvatore Steri, dopo i primi interventi tampone sulla condotta, servono ora finanziamenti provinciali, regionali ed europei per eseguire interventi strutturali «su 20 km di condotte – ha spiegato – che in 30 anni non sono state ristrutturate. Oltre a questo pensiamo anche alla realizzazione di un impianto fotovoltaico per abbattere i costi attuali e al potenziamento dell’impianto di sollevamento con delle ‘‘pompe intelligenti’’. Ecco che bisogna quindi lavorare per trovare i partner».