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    Società
    2 Novembre 2011
    Cetli, niente discarica. Ma le armi vanno smaltite

    CIVITAVECCHIA – L’ipotesi di realizzazione di una discarica presso il Centro Chimico di Santa Lucia, anche in caso di dismissione del reparto militare stesso, è irrealizzabile. Eppure nei giorni scorsi nei corridoi della Pisana qualcuno cianciava proprio di questo: sostituire l’attuale Cetli con un’area riqualificata e ospitante un impianto in grado di accogliere e trattare i rifiuti, mettendo d’accordo i comuni di Allumiere e Tolfa, sul piede di guerra da mesi temendo la realizzazione di una discarica e Civitavecchia, che ancora insegue il sogno Arrow Bio. Non se ne parla nemmeno, la struttura militare rimane e continuerà ad avere il compito di smaltire le armi chimiche. Quello che potrebbe cambiare è la tecnica di smaltimento, in fase di studio da parte degli ingegneri del Centro Chimico per arrivare ad un superamento della metodologia in uso fin dall’inizio degli anni ‘90. Il Cetli Nbc infatti utilizza l’ossidazione chimica, un metodo di lavoro non più praticabile per via dei costi prospettati per arrivare ad un ammodernamento dei sistemi applicati. Proprio le difficoltà economiche avrebbero indotto il reparto militare di Santa Lucia, passato in pochi anni dalla classificazione in tabella C (quella che contiene i nominativi delle strutture dell’Esercito italiano obbligate a giustificare la loro esistenza) all’inquadramento nella tabella A (contenente i reparti impiegati in mansioni particolari), a rivedere qualcosa. Inizialmente si è pensato al passaggio dall’ossidazione chimica all’ossidazione termica, subito contestata dalle forze politiche di centrosinistra, una strada che tuttavia appare impraticabile, soprattutto alla luce della famosa delibera consiliare 110 del 2003, che vieta ogni tipo di combustione sul territorio di Civitavecchia. L’ultima parola, almeno per quanto riguarda gli ambienti militari, spetta al Reparto Logistico di Roma, dal quale dipende la caserma locale, mentre a Civitavecchia i vertici del Cetli starebbero studiando nuove formule. Qualcuno caldeggia la tecnica di distruzione delle armi chimiche mediante brillamento controllato, soluzione sicuramente meno inquinante che tuttavia richiederebbe l’acquisto di nuove celle e la collocazione sul territorio di Civitavecchia di personale specializzato, artificieri in primis. Strada praticabile ma l’unico problema sarebbe legato ai costi. Da vedere se l’Esercito deciderà di spendere un po’ di più a fronte di un ritorno innegabile sotto l’aspetto della salute.