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    Economia e Lavoro
    2 Novembre 2011
    Delai: "Il merito, la nuova stella polare dei giovani"

    ALLUMIERE – “Il Merito” è la nuova stella polare dei giovani che vogliono entrare nel mondo del lavoro. Sono loro stessi che lo indicano al primo posto fra le condizioni per un’assunzione sicura. Lo sostiene il sociologo Nadio Delai in una rilettura del “Terzo Rapporto sulla classe dirigente” (redatto per Luiss, Fondirigenti e Management Club) collegata a sondaggi del Censis sugli orientamenti degli studenti italiani. Lo studio è stato presentato in Allumiere, su iniziativa del Cescat diretto dal giornalista Rodolfo Palieri, ad insegnanti ed alunni delle scuole medie di Civitavecchia, zona calda per gli adolescenti della provincia romana. Fra gli atteggiamenti giovanili emersi dalla ricerca del sociologo l’inversione di tendenza durante i corsi: scettici nei primi anni della Media, giungono a privilegiare la “qualificazione d’eccellenza” per “il posto sicuro” (circa il 30% degli intervistati). Quindi non più solo imprese e adulti (oltre l’80% degli interpellati) giudicano indispensabile il merito. Quasi una rivoluzione copernicana, osserva Delai, fra la “meritocrazia”, tradizionalmente disprezzata perché premiava i più dotati (geneticamente e socialmente) ed una nascente “meritofilia”, cioé riconoscimento delle capacità acquisite col sacrificio. Si comprende infine che “in un mondo tutto grigio sono privilegiati i raccomandati, mentre in una società selettiva lo sono, generalmente, i più preparati”. Chiara la maggior consapevolezza della difficoltà dei tempi: ben il 77,6% dei giovani neodiplomati dichiara che avrà una posizione sociale inferiore o simile a quella dei propri genitori e solo il 22,4% migliore. Il 64,8% ha “l’impressione che il periodo di formazione non si concluda mai”, mentre il 72,3% giudica negativamente il ritardato ingresso nel mondo del lavoro, cui si collega il prolungamento della permanenza in famiglia.
    Ma la maggiore coscienza dei ‘doveri’ sembra trasversale a tutte le fasce d’età. La famiglia accetterebbe infatti (71,6% dei nuclei) l'”effettiva applicazione” del merito. Un passaggio – rileva Delai – dal “ciclo dell’avere” a quello della responsabilità. Sembra così declinare la stagione dell’esaltazione dei ‘diritti’ che genera disimpegno e bullismo. Incapaci di cogliere la precarietà sociale creata dalla crisi economica, i ragazzi trasgressivi continuano a ridicolizzare i ‘secchioni’ perché evidenziano la mediocrità degli sfaccendati, ma il numero degli studiosi aumenta. Tuttavia permane l’avversione per i ‘veramente bravi’ (percepita dal 29,3%). La pedagogia familiare – si sottolinea – sta nel far capire che scuola e professori non sono una ‘controparte’, ma lo strumento offerto dallo Stato per inserire anche i più riottosi in un circolo sociale virtuoso. Questa azione formativa dei figli, è ostacolata dalle fratture generazionali degli ultimi quarant’anni: a) l'”onnipotenza del nuovo” nel ’68; b) l’iper-accelerazione dello sviluppo tecnologico. Due fenomeni che, esasperando l’ordinario gap padri/figli, hanno indebolito la tradizionale autorevolezza genitoriale. L’accentuata difficoltà di dialogo giovani/anziani, in un’area già colpita da fenomeni di devianza giovanile, ha indotto il Sindaco di Allumiere, Augusto Battilocchio, a patrocinare il Convegno proposto dal Cescat, Centro di solidarietà cristiana impegnato dal 1985 nel recupero di giovani emarginati. (www.cescat.it).

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