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    Sanità
    2 Novembre 2011
    Di Gennaro: «La Polverini con questo decreto ci demotiva e ci umilia»

    RIUNIONEdi MARTINA DE ANGELIS
    CIVITAVECCHIA – Il commissario ad acta, Renata Polverini, con il decreto 49 della Regione Lazio e la delibera 214 dell’ASL Rm F, chiude gli ospedali e abbatte gli stipendi dei medici della sua regione, compresa quindi anche Civitavecchia e per questo i dottori, indignati per il comportamento antisindacale della Governatrice, denunciano un problema che va a ledere non solo la classe medica, ma anche i cittadini. «Il modo di agire della Polverini – spiega il dottor Marco Di Gennaro primario del reparto di cardiologia del S. Paolo di Civitavecchia – ci priva del diritto di uno stipendio adeguato al nostro lavoro». Questo taglio è dovuto dal ritiro del ‘‘fondo di posizione’’ che, oltre a decurtare la retribuzione, andrebbe a gravare sulla pensione. Appena è stato varato il decreto alcuni medici sono andati in pensionamento anticipato e la maggior parte di questi erano primari o medici anziani. Altra conseguenza, è che a questi primari sarà difficile che ne succedano altri, visto che la rivisitazione del fondo di posizione, non prevede il riconoscimento, a livello economico, dell’incarico che riveste il medico all’interno di una struttura. «Questa azione da parte della Polverini – continua Di Gennaro – non solo infonde una demotivazione profonda, ma ci umilia nella nostra etica professionale. Non è giustificabile una decurtazione tale a meno che non si tratti di una valutazione negativa del nostro operato e non è questo il caso: svolgiamo ore e ore di straordinari non pagati e non possiamo usufruire dei giorni di ferie che ci spettano». I dottori poi denunciano la gravità della chiusura dell’ospedale di Bracciano dove ai precari non sarà rinnovato il contratto, i medici ordinari saranno ricollocati in altre strutture ancora ignote e i pazienti verranno inseriti a Civitavecchia dove si prevede un sovraffollamento ulteriore a quello esistente. In definitiva i medici sono disposti ad andare in tribunale contro la Regione Lazio per difendere il loro lavoro e i cittadini «perché la salute è un diritto vitale e deve essere garantito al meglio. Noi finché possiamo cercheremo di fare il nostro lavoro nel miglior modo possibile, come abbiamo sempre fatto, ma fino a quando?».