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    Economia e Lavoro
    2 Novembre 2011
    Fare sistema per non cedere alla crisi

    di ALESSIO GISMONDI*

    Nel nostro territorio la crisi economica risulta amplificata. Il ridimensionamento dei cantieri Enel, la scarsità di commesse nel porto di Civitavecchia hanno comportato problemi in ambito produttivo e di conseguenza occupazionale. Sono questi i momenti in cui c’è maggiore bisogno di fare sistema. In questi momenti ci si dovrebbe sedere insieme, istituzioni, associazioni di categoria e sindacati per capire quali sono i problemi del mondo del lavoro e come si potrebbero affrontare. Questo compito, di ascoltare imprese e lavoratori e tracciare una linea operativa, spetta alle istituzioni. E’ questo il punto delle mie considerazioni. Dove sono le istituzioni, che, da democratiche elezioni, sono state chiamate a governare sia la nostra città che la nostra provincia? Sono al corrente questi signori di quanti e quali problemi noi e i nostri dipendenti abbiamo? Proviamo ad esaminarne uno: da una recente indagine della CGIA di Mestre, si evince che a dispetto dei dati sulla disoccupazione (che si attesta a cifre che variano dal 10 al 20%) ci sono categorie professionali che avrebbero la necessità di assumere personale, ma, non trovano elementi qualificati. Questo accade prevalentemente nei mestieri tradizionali, mancano idraulici, fabbri, falegnami, sarti e altre varie maestranze e questo anche se in numeri minori dell’operoso Veneto accade anche dalle nostre parti. Ci sono aziende disposte ad assumere personale qualificato che non trovano maestranze. Noi associazioni di categoria dobbiamo dire queste cose, dovremmo dirle all’assessore alle attività produttive del Comune, ma questo assessore non esiste, forse c’erano settori più importanti che meritavano un assessore, perché nella nostra città il problema del lavoro non è un problema reale. Oppure dovremmo comunicare questi dati alla Provincia che è l’ente preposto per la formazione e per la scuola, ma la Provincia è concentrata solo nel formare estetisti, pensate che esiste una scuola professionale nella nostra città che ogni anno scolastico forma un numero considerevole di estetisti ed è così da tanti anni, la Provincia poco si preoccupa di altre figure professionali. Purtroppo, per questi problemi, occorrerebbe creare un veloce percorso di confronto tra soggetti istituzionali. La soluzione non è semplice, sono i modelli sociali che allontanano i giovani da queste professioni, quei modelli sociali che spingono ad indirizzare le scelte verso professioni ormai inflazionate sul mercato. Fortuna che possiamo contare sugli immigrati, che con abnegazione e volontà si propongono come validi collaboratori nei segmenti in cui gli italiani sono ormai latitanti. Il sistema Italia ha fatto scuola nel mondo, la nostra manifattura è apprezzata e ricercata per la precisione e la creatività che la rendono esclusiva. Perché dobbiamo perdere questa ricchezza? Soprattutto ora che i mestieri, visto l’aiuto della tecnologia, sono meno faticosi e meno pericolosi di quanto lo erano in passato. Da questi mestieri è nata parte dell’imprenditoria italiana che si è affermata nel mondo. Negli anni Settanta gli artigiani mobilieri della Brianza insieme con la facoltà di disegno industriale dell’università di Milano iniziarono una collaborazione e una ricerca nel settore del mobile. Era la nascita del design, di quell’industria che oggi è un settore trainante dell’economia Italiana, è importante coltivare le tradizioni, quelle sane ricchezze che il nostro popolo vanta nel mondo. Concludo con un pensiero di Luigi Einaudi sulla sana filosofia dell’impresa Italiana “Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie ed investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi.”

    * Presidente Cna