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    Cronaca
    2 Novembre 2011
    Gli avevano già ritirato e restituito l’arma

    LA VITTIMA – Quarantadue anni, in Italia da venti, un cittadino modello secondo quanto riferito da chi con Cheikh Mory Diouf ha condiviso momenti allegri e meno lieti. A cominciare dal problema casa, quando Mory, nonostante un lavoro fisso che lo vedeva impegnato, da immigrato ed ambulante regolare, ogni giorno a vendere borse al mercato di mattina e sul viale la sera, era stato sfrattato dalla sua abitazione di via MORYAmbaradam.Per tre mesi Mory ha alloggiato in una stanza di un condominio nei pressi della stazione, poi il gesto generoso di un civitavecchiese che gli ha affittato l’immobile di via Sposito, dove ieri ha trovato la morte. Perfettamente intergrato in città, era impegnato anche nel sociale, essendo stato socio Arci dal ’98 al 2002 quando ha collaborato alla fondazione di uno sportello per immigrati. Due mogli e sette bambini in Senegal ai quali era particolarmente legato, seppure mancava da tempo dal suo Paese di origine. Puntualmente Mory Diof mandava soldi alla famiglia, alla sorella Maimouna, alla Madre e al fratello per i quali era l’unico punto di riferimento. Sognava come tanti suoi connazionali un futuro certo, magari in Italia con i suoi cari.

    IL POLIZIOTTO – Bocche cucite al commissariato di polizia dove Paolo Morra lavora, sebbene già da tempo di fatto alternasse il servizio a giorni di malattia. Eppure di cose da dire ce ne sarebbero tante, anche in campo extralavorativo, a cominciare dalla sua attività sportiva di allenatore del campione civitavecchiese di full contact, Massimo Brizzi, con il quale è arrivato alla conquista del titolo mondiale. Oppure dalla sua passione per i cani, in particolari per i pastori corsi, dei quali era diventato un allevatore.

    Oltre vent’anni di servizio nella Polizia di Stato, passato da un reparto all’altro fino all’ufficio Stranieri e Immigrazione del quale fino a ieri era vice-coordinatore. In malattia da venti giorni per problemi gastrici, Morra stava per rientrare in forza al reparto. Morra salì alla ribalta della cronaca già nel 1995, quando da sovrintendente fu protagonista di una sparatoria a Borgata Aurelia con i presunti molestatori della sua donna. Inizialmente si ipotizzò il tentato omicidio, visto che alcuni proiettili si erano conficcati nell’auto dei due uomini, ‘‘attirati’’ con un falso appuntamento da quella che credevano fosse una prostituta. Invece trovarono Morra e la sua pistola. Poi l’accusa venne derubricata in seguito alla perizia balistica che parlava di una traiettoria di tiro dall’altro in basso, dimostrando così la mancata volontà di uccidere.

    Circa due anni fa poi, un nuovo episodio oscuro: la figlia lo denunciò per presunte lesioni, con tanto di 15 giorni di prognosi del pronto soccorso. Morra presentò anche un certificato medico per uno «stato di ansia» che fece sì che gli fossero ritirati sia la pistola di ordinanza che il fucile a pompa, lo stesso che ha ucciso Diouf. Dopo alcune settimane, però , la figlia ritirò la querela, un altro certificato dimostrò che l’ansia era superata, e gli vennero restituite le armi.

    PAOLO«Ho sentito grida di aiuto provenire dal cortile – avrebbe spiegato ieri il poliziotto in Procura – sono sceso con il fucile, ho avuto paura per mio figlio che era con me e ho sparato dei colpi a terra».

    Questa la versione di Morra, fornita al pm Bianca Maria Cotronei, come spiegato dall’avvocato difensore Giuseppe Di Chirico. Domani intanto sono previsti l’interrogatorio da parte del gip e l’autopsia sul corpo del senagalese. Morra intanto rimane al carcere di Borgata Aurelia.