CIVITAVECCHIA – «Cricca? Ma quale cricca, io da questa storia esco distrutto, senza aver avuto alcun vantaggio. Anemone l’ho visto una sola volta, non sapevo neppure chi fosse». A parlare è l’avvocato Edgardo Azzopardi, il professionista indagato perché, secondo gli inquirenti, avrebbe raccolto dal procuratore aggiunto di Roma Achille Toro, tramite il figlio Camillo, informazioni poi girate ad Angelo Balducci, il potentissimo presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, arrestato nell’ambito dell’inchiesta su Anemone e i grandi appalti.
Azzopardi è titolare di una società che si occupa di consulenze e progettazioni e che dal 2003 lavora anche con l’Autorità Portuale di Civitavecchia. «Vincemmo – ricorda l’avvocato – il concorso internazionale di idee per la realizzazione del waterfront nel porto storico, poi arrivò Acqua Marcia e per quanto ci riguarda non se ne fece più nulla. Però abbiamo avuto altri incarichi, come a Gaeta, dove già lavoravamo con il Consorzio Industriale. Per questo, quando stamattina sono arrivato e mi sono trovato sui giornali locali ho ritenuto di chiarire per quanto possibile l’assurda situazione in cui mi sono trovato coinvolto mio malgrado».
Azzopardi parte dall’inizio: «Balducci, nonostante faccia parte del comitato di esperti del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, l’ho conosciuto personalmente solo a maggio dello scorso anno. Per quanto mi riguarda, rimane una persona da rispettare in quanto tale, poi saranno i processi a dover stabilire se e quali reati abbia commesso. Me lo portò sotto casa un amico che conoscevo da 10 anni, perché tutti i martedì ci ritroviamo a cena, per recensire i ristoranti per le guide enogastronomiche. A lui era già arrivata la voce di essere al centro di indagini da Firenze e mi chiese aiuto per saperne di più. Ma io, fin da quella occasione, fui chiaro: ‘‘Caro presidente, io non posso fare nulla e non posso chiedere alcunché a nessuno. Se vuole un consiglio, si rivolga ad un avvocato di peso, come per il penale potrebbe essere l’onorevole Giulia Bongiorno, ha seguito processi di primissimo piano, ha l’autorevolezza di un presidente della Commissione Giustizia, insomma è il tipo di persona che le occorre».
Secondo Azzopardi, dunque, già prima dell’estate scorsa Balducci sapeva di essere sotto inchiesta: «A Roma erano mesi che in ambienti come quello del ministero, e non solo, si chiacchierava sulla possibilità di un’indagine che arrivasse a Balducci, un tam tam che poi si è infittito con il passare del tempo, quando uscirono i primi articoli sulla stampa». Però Balducci sapeva dei suoi rapporti con il procuratore Toro e le chiedeva di attingere a quella fonte: «Per questo fui categorico nel dire che non potevo fare nulla, lui capì e mi ringraziò per i consigli che gli diedi. Da allora lo rividi solo pochi giorni prima dell’arresto, quando venne fotografato che usciva da casa mia. E anche lì non gli svelai alcun segreto: sapeva già tutto». Ma gli inquirenti pensano che tutte le telefonate del giorno precedente con il vice di Balducci e con il figlio di Toro, oltre alla raccomandazione di venire senza autista e senza cellulare nascondessero invece la necessità di fissare un vertice ‘‘blindato’’ con la massima urgenza: «Sì, peccato che il segretario di Balducci a sua volta avvisò l’autista con il cellulare, dando ai carabinieri il mio indirizzo di casa e l’orario dell’appuntamento. Quanto a Camillo Toro, dovevamo realmente parlare di altro, insieme al vice-presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici Sessa, che a sua volta aveva necessità di incontrare Balducci, che da giorni non andava in ufficio. Su Toro, c’è da chiarire che le nostre famiglie si conoscono da quasi cinquant’anni. Achille è stato il testimone di nozze di mio fratello ed io lo sono stato di Camillo, che per me è come un figlio. Non è un mistero che 7 anni fa gli diedi una mano per entrare in Acea e ora stavo cercando di aiutarlo per essere trasferito dall’Ato alla holding, ecco perché mi tartassava letteralmente con le sue telefonate. Non certo per informarmi sull’inchiesta, della quale, ripeto, non ho mai chiesto nulla né a lui né al padre Achille, che peraltro non si occupava di questi reati, è un galantuomo, una persona onesta e al di sopra di ogni sospetto, che era in piena corsa per diventare capo della Procura di Roma e che ha avuto un unico torto, forse per proteggere il figlio: quello di dimettersi, quando non aveva invece niente da nascondere. Che Balducci sarebbe stato arrestato me lo disse il 4 febbraio un ingegnere, che lo aveva sentito dal costruttore Donati. Insomma, era il segreto di Pulcinella: lo sapeva tutta Roma».
Tornando a Civitavecchia, al telefono lei parlava con un ex dirigente del Comune, facendo riferimento a delle nomine ed incontri. «E’ chiaro che il mio lavoro si fonda sulle relazioni, quindi non c’è da stupirsi se sono stato ascoltato mentre parlavo di nomine o di incarichi. Non c’è nulla di illegale, né di illegittimo, come potrei benissimo spiegare se solo venissi convocato a Perugia, dove la procura ancora non ha mai ritenuto opportuno interrogarmi. Quella telefonata di cui si parla è chiarissima: posso fare nomi e cognomi, tanto non c’è nulla da nascondere. Il dirigente in questione è Gianluca Ievolella, che da quasi vent’anni lavora al Ministero, con la legittima aspirazione di diventare Direttore generale o presidente di sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Proprio di questo parlavo con lui, di lui e di Massimo Sessa, vice-presidente del Consiglio Superiore. Poi, peraltro, non se n’è nemmeno fatto nulla, e comunque il presidente di sezione non ha nemmeno particolari poteri. Quanto al Gianni, potrebbe essere Alemanno, come Moscherini, ma anche questo non significa nulla. Non credo che sia un reato parlare con un Sindaco di proposte che poi sarebbero finite sul tavolo del Ministro. Ripeto, io non faccio parte di alcuna cricca e tutta questa situazione, per quanto mi riguarda è kafkiana».
Cronaca
2 Novembre 2011
«A Roma tutti sapevano dell’arresto di Balducci»