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    Cronaca
    2 Novembre 2011
    «La chiesa ortodossa rumena «s'ha da fare» e quanto prima»

    di CARLO CHENIS*

    CIVITAVECCHIA – Paolo VI, papa conciliare, lamentò lo «scandalo del Cristo diviso», avviando nutriti e sofferti percorsi ecumenici.
    Questo «scandalo» fortunatamente non turba Civitavecchia. In città le varie confessioni cristiane convivono e si confrontano, cercando di pregare il Signore più che scontrarsi culturalmente, adoperandosi nell’aiutare i poveri più che discutere teoricamente. Gli ortodossi, ad esempio, da anni sono ospitati in parrocchia dai cattolici.
    Ma occorrono passi in avanti, poiché la presenza ortodossa rumena è rilevante, per cui gli spazi a disposizione diventano sempre più angusti, così che ci sono disagi, e per gli ortodossi, e per i cattolici. Del resto, l’Amministrazione si era pubblicamente impegnata a dare una chiesa agli ortodossi, come è giusto che sia.
    Ma c’è sempre chi pesca nel torbido. Non manca, poi, chi organizza fronde viscerali e trasversali, turbando all’ultimo istante proposte, progetti e lavori che sono frutto di un lungo iter. I motivi sono molti. Non volendo prendere in considerazione le sconce ipotesi di interessi privati e di squilibri personali, c’è l’indomita presunzione di emergere lacerando gli altrui risultati con opinioni contrarie; c’è l’epidemica incapacità a governare concertando politiche di mediazione costruttiva; ci sono i sottili giochi di potere difendendo smaniosamente le proprie cordate. Ne deriva la strumentalizzazione di cose e persone, senza volgere, neppure casualmente, l’attenzione al bene comune che trova ideale nell’integrazione e nella prevenzione.
    La gente di Civitavecchia, non dovrebbe e non può essere «razzista». Molti, infatti, sono emigrati da più parti d’Italia per sfuggire ad una vita di stenti e di emarginazione. Perché, allora, essere intransigenti verso le «new entry»? Del resto, quante famiglie necessitano di un aiuto foresto per assistere anziani o fanciulli? Quante imprese abbisognano di manovalanza straniera per lavori pesanti e particolari?
    L’integrazione avviene attraverso l’accoglienza personale e l’organizzazione istituzionale, onde arginare i processi di esasperazione, turbativi dell’ordine pubblico. Mons. Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio dei Migranti, afferma: «Sia il Santo Padre, sia la Conferenza Episcopale Italiana hanno più volte ribadito che l’aspetto della sicurezza deve essere coniugato all’accoglienza. E quando l’equilibrio si sposta a danno dell’accoglienza, la Chiesa interviene perché ama l’uomo, soprattutto quello più povero e vulnerabile». Per questo la Chiesa sollecita anche in Civitavecchia i fattori integranti, in quanto emancipano i tanti onesti, arginando i pochi disonesti. Al contrario, l’esasperazione delle parti e la violazione degli accordi accende meccanismi difficilmente controllabili che finiscono per ledere gli interessi di tutti.
    Da ultimo, fattore eccellente d’integrazione è quello religioso, poiché rinvigorisce prospettive e valori, incentivando una cultura della solidarietà e della tolleranza.
    Rimane, pertanto grave la responsabilità di coloro che fomentano conflitti e divisioni con sofisticherie normative e polveroni giornalistici.
    Civitavecchia è nelle condizione di attuare il sogno che fu di Giovanni Paolo II: una Chiesa che respira a due polmoni, quello dell’Oriente e quello dell’Occidente.
    Rifuggiamo, quindi, dall’immagine pavida del don Abbondio manzoniano, poiché la chiesa ortodossa «sa da fare» quanto prima, per giustizia sociale e per urgenza congiunturale. Pertanto, è auspicabile riprendere in considerazione il progetto già avviato da tempo, scartando le diverse ipotesi volte solo a perdere tempo e a creare polemiche.
    Come fece in un tempo lontano Giovanni XXIII, anch’io mi appello agli «uomini di buona volontà» affinché sensibilizzino le coscienze e le istituzioni, così da ridare alla città profilo politico e dignità umanistica, ricordando che Benedetto XVI è «riconoscente a quanti con convinzione e costanza pregano e operano per l’unità».
    Sarebbe davvero un bel regalo natalizio far celebrare agli ortodossi l’Epifania in una sede tutta loro, sebbene con una struttura provvisoria.

     

    * Vescovo Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia