CIVITAVECCHIA – «Contestare un reato associativo senza contestare reati specifici è una grande forzatura. Stiamo portando avanti un processo di prevenzione, viziato già all’origine». Dura nei confronti di chi ha svolto le indagini e piuttosto tecnica la discussione, ieri mattina nell’aula del tribunale, dell’avvocato Francesco Bergamini del foro dei Roma, difensore di Natale Cherillo, considerato tra i promotori dell’organizzazione sgominata nel 2007 tra Civitavecchia e Torre Annunziata nel corso della cosiddetta ‘‘Operazione Nerone’’. Per lui, nel corso della precedente udienza, il pm Edmondo De Gregorio aveva chiesto 20 anni di carcere. «Una richiesta – ha spiegato il legale – immotivata, ingiustificata e non provata». L’avvocato ha fortemente contestato il reato di associazione, a suo dire eccessivo e non supportato da adeguati riscontri concreti. Motivi questi che lo hanno spinto a chiedere l’assoluzione così come ha fatto il legale di Francesco Cherillo, l’avvocato Davide Capitani. Anche per lui il pm ha chiesto 20 anni. Ma il legale ha posto l’attenzione, in modo puntale e anche lui molto tecnico, sulla mancanza di elementi in grado di provare la colpevolezza. «Non erano presenti all’inizio della vicenda, quando il gip ha rigettato la richiesta di custodia cautelare in carcere e non ha convalidato il fermo – ha spiegato – non si sono formati neanche nel corso del dibattimento». Per il 2 marzo è fissata la sentenza.
Cronaca
2 Novembre 2011
Operazione Nerone, il 2 marzo la sentenza