di SILVIA TAMAGNINI
Molto spesso si usa l’espressione colorita ”Sono andato in paranoia“ intendendo riferirsi ad una condizione di confusione – più o meno accentuata – indotta dalle cause più disparate, alle quali seguono comportamenti incongrui rispetto alle comuni, quotidiane situazioni esistenziali. Sicuramente l’utilizzo improprio di questo termine, e spesso disinvolto nella comunicazione tra giovani, deriva da una conoscenza superficiale di questa malattia.
Che cosa si intende per “paranoia”?
E’ una malattia mentale poco conosciuta perché poco diffusa nella sua forma pura. Consiste in un’alterazione del funzionamento delle capacità intellettive umane. Ognuno di noi crea e usa degli schemi di ragionamento e cerca di non discostarsi troppo dagli schemi che le altre persone hanno creato a loro volta, altrimenti si entrerebbe in conflitto e non ci si capirebbe mai. La persona che soffre di paranoia trova difficoltà a paragonare le sue certezze con quelle degli altri e dentro di sé, all’insaputa di tutti, attiva la convinzione che le idee che ha in testa le siano suggerite da un’entità “numinosa”, cioè soprannaturale. Il paranoico è una persona che è talmente sicura di ciò che dice, persegue, pretende, da considerarsi quasi il messaggero della divinità.
Come si può riconoscere una persona che vive all’interno di queste certezze?
Dalle modalità con cui ci riferisce i suoi vissuti mentali, e questo avviene, spesso, in maniera drammatica: lui è talmente sicuro di essere nella verità che la vuole imporre agli altri e si esprime, appunto, con comportamenti drammatici.
Che differenza c’è tra le idee paranoidi e la paranoia come disturbo mentale?
Le idee paranoidi sono un’espressione astratta e possono vivere in parecchi tipi di pazienti psichiatrici, quelli che si definiscono psicotici. La psicosi più conosciuta è quella schizofrenica, quella meno conosciuta ma più frequente, è quella di tipo depressivo o ciclotimico. Vorrei sottolineare che quando si parla di pazienti depressi, dovremmo fare una distinzione tra depressione reattiva ed endogena. I pazienti affetti da quest’ultima, possono sviluppare idee paranoidi, ovvero, idee deliranti. Il delirio, appunto, è una modalità di pensiero che esce totalmente fuori dai parametri che la maggior parte di noi usa quando ragiona. La paranoia è una malattia fondata sul delirio, tanto che i vecchi psichiatri parlavano di delirio lucido sistematizzato, perché si parte dal presupposto che ciò che si pensa, ed anche ciò che si fa, derivi da un messaggio divino che è arrivato proprio al paziente paranoico che si sente il prescelto.
Ci sono vari tipi di paranoia?
Più che vari tipi di paranoia, sarebbe corretto dire vari tipi di deliri, perché la paranoia è il sostantivo, delirante è l’aggettivo, all’interno di questo ci sono delle sotto forme. Questo aggettivo, quindi, si specifica in quattro forme di delirio.
1° delirio religioso: convincimento di essere un apostolo della missione di salvezza dell’umanità;
2° delirio erotico: perdita dell’identità sessuale con impulsi omosessuali o esaltazioni transessuali;
3° delirio di gelosia: certezza di essere tradito dal partner, inconsapevole della fortuna di essere amato da un prescelto da Dio stesso;
4° delirio di persecuzione: sensazione sgradevole di essere ostacolato in tutti i modi per impedirgli di svolgere la missione divina di salvazione per la quale è stato prescelto da Dio.
Alle base di tutti questi tipi di delirio vi è la consapevolezza di essere il prescelto. I soggetti paranoici credono di essere normali, hanno un loro convinto equilibrio che entra in crisi nel momento in cui si confronta con la società. Il paranoico sta bene con le sue certezze, sono gli altri che a suo parere lo contrastano.
Quali sono le cure per chi soffre del disturbo della paranoia? E, soprattutto, esistono?
La neuroscienza attuale è disarmata contro questa particolare forma di “disturbo delirante”. Soprattutto, il paranoico, di sua iniziativa, non accetterà mai di essere curato, perché lui è convinto di stare bene: sono gli altri che non lo capiscono. Inoltre, non accetterà mai un colloquio alla pari con il medico, perché lui si sente superiore. Si può intervenire quando i comportamenti risultino inaccettabili e dannosi sia per la famiglia sia per la società.
Poiché la natura intima di questa malattia è tuttora misteriosa, l’intervento curativo si limita a prevenire i comportamenti “dissociali” e ad isolare i pazienti entro una rete di controlli da parte dei centri di salute mentale, sotto la supervisione di psicoterapeuti e di assistenti psichiatrici.
Lo Psichiatra usa farmaci ‘‘risocializzanti’’ e ‘‘delirio litici’’ ma con scarsi risultati. Lo Psicoterapeuta tenta terapie, definite “cognitivistiche”, volte a modificare i presupposti concettuali e i nuclei di “irrigidimento razionale” e di “acritica accettazione dei messaggi provenienti dall’inconscio”.