TARQUINIA – Sentenza choc per le vittime della truffa milionaria architettata da un falso avvocato, all’epoca dei fatti operante in un noto studio romano. Pierfrancesco Barone, denunciato a febbraio 2008 per truffe poste in essere ai danni di tarquiniesi ma anche di altre persone residenti in tutta Italia, è stato condannato ad un anno e sei mesi. Barone, attraverso il suo legale, l’avvocato Carosone, ha patteggiato vedendosi così sospesa la pena. L’uomo è stato condannato dal tribunale di Roma a pagare soli 500 euro di spese per ciascuna delle parti civili. Le vicende che vedono vittime imprenditori e professionisti di Tarquinia risalgono agli anni tra il ’99 e il 2001, quando diversi risparmiatori decisero di acquistare alcuni titoli obbligazionari argentini presso un istituto di credito di Tarquinia, salvo poi scoprire che tali titoli erano già scaduti prima di quegli investimenti. Una irregolarità non da poco, visto che complessivamente si parlava di una cifra che si aggirava intorno al milione di euro. Il danno economico subìto in conseguenza della crisi finanziaria che ha interessato quello stato è stato solo l’inizio di una vicenda che ha visto i tarquiniesi ulteriormente danneggiati. Le presunte irregolarità da parte della banca, indussero infatti gli imprenditori tarquiniesi a fare rivalsa sull’istituto di credito. Così, per farsi tutelare nel recupero del denaro, i tarquiniesi (su suggerimento di un promotore finanziario locale) si rivolsero ad un noto studio legale di Roma, situato sulla Balduina e specializzato in materia finanziaria, per avviare un’azione civile. Peccato però che l’avvocato Barone di 46 anni, nel quale si imbatterono, era un falso legale, radiato dall’albo già dal 200. Barone li aveva seguiti in quelli che dovevano essere il primo ed il secondo grado del procedimento civile, poi cominciarono i sospetti. I tarquiniesi Albano e Presciutti, all’epoca dei fatti difesi dall’avvocato Paolo Pirani, a fine gennaio 2008 decisero di rivolgersi al Commissariato di polizia di Tarquinia, sollevando dubbi su alcune imprecisioni e tempi biblici trascorsi. Barone, in sostanza, aveva riferito ai clienti di aver avviato una corrispondenza con l’istituto di credito senza ottenere alcun risultato, ed aveva poi proposto agli stessi l’avvio della causa civile per il risarcimento del danno presso il tribunale di Arezzo, luogo dove ha sede legale l’istituto bancario. Gli investitori, dal 2003 in poi erano stati più volte convocati nello studio dell’avvocato, per essere aggiornati sugli sviluppi del procedimento che, nel 2005, secondo quanto riferito dallo stesso Barone, aveva portato alla sentenza di primo grado favorevole ai proponenti. Proprio le anomalie sulla sentenza ed altri particolari scatenarono i primi sospetti sulla serietà del professionista fino ad arrivare a chiedere aiuto alla Polizia. Da una prima verifica, la squadra di polizia giudiziaria del Commissariato di Tarquinia accertò che la sentenza era falsa: nessun procedimento risultava avviato presso il tribunale di Arezzo. Dalle successive indagini venne fuori pure che l’avvocato risultava radiato dall’albo già dal 2003. Così a febbraio 2008 scattò il blitz presso lo studio romano. L’occasione arrivò quando due investitori vennero convocati dal falso professionista per ritirare la sentenza di appello che, a dire del legale, era stata emessa dal tribunale di Firenze. All’appuntamento i due si recarono accompagnati dal personale della squadra investigativa del commissariato che, all’atto della consegna della seconda sentenza, intervennero contestando l’atto e mettendone in evidenza la falsità. Il finto legale a quel punto ammise di avere falsificato le sentenze e di non essere abilitato ad esercitare la tutela legale. Nel corso della perquisizione vennero anche sequestrati pc, floppy disk, dvd ed altra documentazione cartacea relativa ai reati contestati. L’uomo, colto in flagranza, venne denunciato quindi per truffa, falsità materiale ed esercizio abusivo della professione forense. All’epoca, gli investigatori spiegarono che il falso avvocato per ‘‘fabbricare’’ le sentenze ricorreva ad una sorta di collage di documenti che scaricava da Internet, cambiava alcuni dati, per esempio il nome del giudice, e dunque creava un documento del tutto irreale. A conti fatti il falso legale intascò parcelle milionarie: inizialmente si parlò di 50mila euro, poi le denunce salirono vertiginosamente.
Cronaca
2 Novembre 2011
Pena sospesa per il falso avvocato