Leggo le cronache cittadine e mi accorgo che si stanno accendendo numerosi dibattiti. In particolare, nell’ultima settimana si sono particolarmente accesi scontri verbali non solo tra i cosiddetti opposti schieramenti, ma anche all’interno degli stessi. In questo contesto, mi sento di cogliere l’invito al dibattito che lancia il nostro Assessore alla Cultura Gino Vinaccia, il quale partendo dalla necessità di arrivare, nei prossimi mesi, alla definizione delle terne per l’Autorità Portuale solleva la questione della civitavecchiesità. È un problema, questo, che va senz’altro posto, peraltro esattamente nei termini, mi vien voglia di dire, “comunitari” utilizzati dall’Assessore. Chi su questo territorio vive è giusto che abbia anche la possibilità di intervenire direttamente, mettendo sul piatto il peso della conoscenza specifica dei problemi da risolvere. Io sono giovane, peraltro fresco di studi. Sarà per questo che, sull’onda della riflessione cui mi ha invitato la sua nota e parallelamente alla ricorrenza attuale del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, mi è venuta in mente una strofa poco conosciuta del nostro Inno nazionale. “Noi fummo da secoli calpesti, derisi/ perché non siam popolo, perché siam divisi”. Questo richiama evidentemente il cenno alle “laceranti contrapposizioni” che Vinaccia evoca nella nota. Oggi la città è governata, a mio avviso bene, dalle Larghe Intese, che erano nate proprio per unire le energie migliori, altro termine che l’esponente dell’Udc ha utilizzato. All’inizio non avevo creduto in questo progetto: più tardi vi ho però aderito, dopo aver potuto giudicare. Della mia scelta, e delle sue ragioni, ho informato per tempo la città e in particolare i miei elettori, quindi è inutile ripetermi. Ebbene, qui mi avvio alle conclusioni: innanzitutto occorre purtroppo rilevare che, mentre l’Assessore inviava questa nota, dal suo partito si cercava di tirare bordate sul Sindaco, proprio quello delle Larghe Intese e delle migliori energie. Una prova in più che al limite i partiti, per quello che sono diventati, oggi rappresentano un ostacolo ad una sana crescita politica della città, e non la sede migliore per coltivarla, come forse era fino a qualche tempo fa. In seconda battuta, dei “civitavecchiesi” in politica continuo a vedere spesso volti piuttosto noti, che ricordo ritratti sui giornali locali fin da quando ero bambino. Sono esattamente quei volti che rappresentano dualismi antichi, che non si è mai saputo superare, che hanno spaccato i partiti e poi a ricaduta la situazione politica cittadina, ma che ancora restano là a tessere le fila e cercano anzi di passare il potere in forma ereditaria, pur di non perderlo per ragioni anagrafiche. Sono queste le ragioni che mi hanno convinto ad abbandonare determinati ambienti e trovare invece una collocazione nella quale ai giovani locali non viene tolto alcuno spazio, anzi gli viene dato senza etichette, ma nella certezza che sia giunto il tempo di fare qualcosa, anziché di dire ciò che agli altri non deve essere permesso di fare. Di questo devo dare atto al Sindaco: di dare davvero fiducia ai giovani, insieme alle persone più esperte, che vogliono portare avanti progetti per la comunità, oltre ad una stima personale che è inutile raccontare. Mi viene in mente che forse allora, quello che servirebbe è un patto generazionale, trasversale nel senso migliore del termine, laddove si riconosca un ruolo ai giovani che, ostinatamente, cercano di emergere in un quadro del genere. Un riconoscimento che dovrebbe innanzitutto avvenire tra gli esponenti della nuova generazione di civitavecchiesi che vogliono impegnarsi in politica, e che invece troppo spesso vengono infilati nel tritacarne per consentire ai soliti noti di restare a galla. E quanti ce ne sono, di questi esempi, tra l’altro soprattutto tra i miei detrattori. Quindi faccio mio l’appello di Vinaccia, ma lo giro in particolare ai miei coetanei: non abbiate paura di “scandalizzare i parrucconi” che vi tengono schiacciati. Fatevi portatori di proposte concrete, di progetti, senza inseguire le politiche del no. E se qualcuno vi mette i bastoni tra le ruote mandatelo a quel paese che al vostro, di paese, è ora che cominciate a pensarci da soli.
Daniele Perello
Capogruppo del Gruppo Misto