VENERDÌ 17: IL CONSIGLIO COMUNALE ABBANDONA L’AULA PER PROTESTA CONTRO LA DEGENERAZIONE PERSONALISTICA DELLA POLITICA.
Ciò che è successo nel Consiglio Comunale di venerdì scorso ha segnato una delle pagine probabilmente più penose della politica ceretana. La forte presa di posizione del Capogruppo Travaglia era piuttosto prevedibile: dopo oltre una settimana di polemiche aspre e velenose, seguite alle dichiarazioni del Sindaco su La Voce che avevano indebitamente coinvolto un famigliare del capogruppo PD, non poteva essere altrimenti. Quel che invece ha stupito è stata la degenerazione dei toni in aula, su una questione di etica politica verso cui ci si aspettava, piuttosto, una unanime condivisione. Infatti, al di là della lettura che ognuno vorrà dare dell’episodio (politica, polemica, etica, pretestuosa, ecc.), il punto di fondo resta l’assurdità del coinvolgimento, all’interno dello scontro politico, della sfera privata e addirittura famigliare dei propri “avversari”. Ma la sfera privata, con la politica, non c’entra assolutamente nulla e, senza scomodare etica o morale, basterebbe semplicemente un po’ di rispetto o anche solo il senso del pudore per capire che non dovrebbe mai, in nessun modo e per alcuna ragione, essere tirata in ballo. Questo è il punto, e questo è stato il senso della protesta del Consiglio comunale. E proprio per questo ha lasciato letteralmente di stucco la reazione scomposta del Sindaco, capace di una proverbiale calma anche in situazioni politicamente ben più “calde”, e che invece venerdì sera ha perso le staffe, ha alzato la voce, ha attaccato con insolita veemenza, sbraitando fuori dal microfono contro gli interventi degli altri consiglieri, arrivando a minacciare ulteriori denunce, addirittura contro le stesse persone da lui indebitamente coinvolte. Non credo che la politica si possa fare con le denunce. E non credo che certe polemiche, innescate da incaute dichiarazioni (o allusioni, illazioni, provocazioni, o comunque le si voglia definire), possano e debbano in alcun modo interessare la città.
PERSONALISMI, AUTOREFERENZIALITÀ, OSTRACISMO: CON CERTI METODI VENGONO PENALIZZATE LE MIGLIORI POTENZIALITÀ DELLA CITTÀ E I PROBLEMI DEL TERRITORIO RESTANO IRRISOLTI
Nessun problema di Cerveteri è stato affrontato, tantomeno risolto, con il Consiglio comunale di venerdì. E forse questo rappresenta, insieme al problema legato alla degenerazione personalistica, un’altra importante chiave di lettura. In effetti il Consiglio, da oltre un anno, è stato di fatto esautorato del proprio ruolo e delle proprie prerogative, dall’arroganza di un Sindaco che decide tutto nel chiuso della sua Giunta, senza il minimo coinvolgimento né il necessario rispetto per la massima assise cittadina. Non basta immolare qualche strenuo fedelissimo e mandarlo a sventolare, incurante del pubblico ludibrio, la bandiera dei “magnifici successi” della sua gestione. Solo estraniandosi totalmente dalla realtà si potrebbero ignorare gli innumerevoli problemi non risolti e il degrado in cui continua a rimanere il nostro territorio. Quella bandiera, che dovrebbe contenere il lunghissimo elenco delle “cose fatte”, dei “problemi risolti” e dei “progetti avviati”, è praticamente quasi totalmente vuota: senza nemmeno rendersene conto, stanno sbandierando nell’altro che una tristissima bandiera bianca. Una resa incondizionata all’ingovernabilità, alla sfiducia, al pregiudizio, all’arroganza del potere, al rifiuto delle più basilari regole democratiche. E’ stato questo, purtroppo, il vero e unico “valore aggiunto” del “Sindaco di professione”, che con i suoi metodi sta di fatto bruciando tutte le preziose potenzialità della coalizione che lo sosteneva, finanche della sua stessa Giunta, rinchiusa e isolata nel suo inaccessibile “fortino”, quasi in ostaggio. Perché è chiaro: con una persona così, o stai con lui e dici sempre sì, o gli sei contro e allora stai fuori. (Juri)
SMONTATI I PRESUNTI “RICATTI” CONTRO IL SINDACO: NON RESTA CHE LO SPAURACCHIO DEL COMMISSARIAMENTO. IL CONSIGLIO COMUNALE RECUPERI IL SUO RUOLO
Il nervosismo del Sindaco, sintomo di una debolezza manifesta, rappresenta il culmine dell’insofferenza per ogni tipo di critica e di contestazione da parte di chi è abituato a sentirsi dire sempre e solo “sissignore”. In questa contrapposizione sta probabilmente un altro importante significato della degenerazione politica e dialettica, sfociata nel personalismo e nell’insulto. Atteggiamenti assolutamente ingiustificabili che non bastano a distogliere l’attenzione da tutte le difficoltà di un’amministrazione forzatamente ripiegata su sé stessa. Così come non bastano e non incantano più nessuno i continui e infondati piagnistei circa fantasiosi “ricatti”, lamentati in ogni occasione dallo stesso Sindaco, che in realtà rappresentano solo dei capri espiatori, già dettagliatamente e definitivamente smascherati, orchestrati unicamente per denigrare gli altri e coprire le gravi lacune della sua gestione. Tutto ciò dà la misura del solco incolmabile che questo Sindaco ha contribuito a tracciare all’interno della sua stessa maggioranza. In un clima del genere è davvero difficile che si possa riaprire un dialogo. E’ evidente ormai: né il Sindaco, né i suoi più fidi collaboratori, ne hanno la benché minima intenzione, legati come appaiono unicamente al loro potere e alle loro poltrone. Proprio per questo presto verrà sbandierato lo spauracchio del commissariamento, come se tale rischio bastasse a tener insieme una maggioranza, a far ripartire la politica, a far rinsavire il Sindaco o a risolvere miracolosamente i problemi della città. Al di là di ipocrisie e mediocrità, un commissariamento rappresenta senza dubbio la sconfitta della politica, ma al contempo risponde alla necessità di garantire almeno la normale amministrazione in una situazione di ingovernabilità. Esattamente le condizioni in cui oggi si trova Cerveteri, grazie all’arroganza e alla protervia di alcuni personaggi che si sono spudoratamente rimangiati tutti gli impegni sottoscritti in campagna elettorale. A questo punto, considerate tali degenerazioni e smascherate le vere intenzioni del Sindaco, non resta altro che una seria e diffusa assunzione di responsabilità civica e politica da parte della massima assise istituzionale, affinché, attraverso un’azione forte, ferma e decisa, si possa riconsegnare al Consiglio comunale il ruolo e la dignità che gli appartengono.
Juri