SANTA SEVERA – “Quando mi ricordo quella sera e quell’ora, sento gonfiarmisi il cuore, e piango sulla perduta gioventù, e piango sulla tomba dell’uomo che i sogni più belli della gioventù mia se li ha portati con sé…”
Così Giuseppe Bandi, lo scrittore garibaldino, ricorda nella sua opera “I Mille” quell’epica impresa che esattamente 150 anni fa segnò una delle pagine più belle della nostra storia patria.
Salpati da Quarto la notte tra il 5 e 6 maggio 1860 con due vapori, il Piemonte e il Lombardo, poco più di un migliaio di volontari si dirigono verso la Sicilia (i partenti sono in realtà 1170. Di essi 70 verranno sbarcati a Talamone per l’approvvigionamento di armi. A Marsala saranno in 1089). I due bastimenti, rispettivamente di 180 e 238 tonnellate, sono stati “rubati”, si fa per dire, alla compagnia Rubattino con la complicità del suo direttore, il massone G.B. Fouché.
La schiera è estremamente eterogenea, composta di elementi „vario-vestiti“ come li ha definiti Garibaldi. Non tutti indossano la Camicia rossa. Alcuni portano ancora l’uniforme dell’esercito sardo da cui hanno disertato, con grave rischio, per seguire Garibaldi. Altri hanno l’uniforme dei Cacciatori delle Alpi con cui hanno combattuto con il loro Generale nella Seconda Guerra d’Indipendenza. Altri ancora sono addirittura vestiti in borghese con indosso ancora gli abiti da lavoro o gli indumenti con cui sono fuggiti da casa. Ma se vario è l’abbigliamento unico è l’entusiasmo e la passione che li accomuna. L’età va dagli 11 anni del piccolo Beppino Marchetti che ha voluto seguire il padre, un medico di Chioggia, fino al più vecchio, Tommaso Parodi, un genovese di 69 anni che ha combattuto addirittura sotto Napoleone I ! Provengono da tutta l’Italia. I più numerosi sono i bergamaschi presenti con 163 volontari (200 di essi sono stati rimandati indietro perché troppi !). Numerosi anche i genovesi presenti in 154. L’estrazione è la più disparata. Vi sono operai, professionisti, artigiani, contadini e studenti. Vi è il patriota sfuggito alle galere austriache o borboniche, il poeta in vena di avventure romantiche, il nobile in cerca di gloria, il siciliano che lotta per la libertà e l’indipendenza della sua isola dai Borboni, l’innamorato in cerca di oblio, l’idealista che anela alla morte eroica o più semplicemente il poveretto che cerca il pane. Ce persino una donna, Rosalia Montmasson, moglie di Crispi, che durante la spedizione avrà cura dei feriti (oggi riposa nel cimitero del Verano a Roma). Tra essi c’è anche un “cervetrano”. È Giacinto Bruzzesi nato a Cerveteri il 13 dicembre 1822 da Lelio e Barbara Ponziani e battezzato nella locale Chiesa di S.Maria da quel Padre Regolini che, qualche anno più tardi, il 22 aprile 1836, scoprirà, nella Necropoli del Sorbo, unitamente al generale Galassi, la famosissima tomba chiamata appunto Regolini-Galassi. Nella spedizione il nostro concittadino ha una posizione di rilievo. È Tenente Colonnello con l’incarico di Vice Capo di Stato Maggiore di Garibaldi. Già copertosi di gloria nella eroica difesa di Roma del 1849 in cui fu decorato di medaglia d’oro militare combattendo a fianco della legione polacca contro i francesi di Oudinot alla difesa dei Monti Parioli, ha anche partecipato con i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi alla II Guerra d’Indipendenza. Nella spedizione dei Mille si batterà con valore rimanendo ferito nello scontro del ponte dell’Ammiraglio per la presa di Palermo. In questi giorni in cui ricorre il 150° anniversario di questo evento così fondamentale della nostra storia patria e in tempi in cui vi è da parte di certe forze politiche il tentativo di sminuire quei valori di Patria e di Unità per cui tanti giovani si sacrificarono, abbiamo voluto ricordare questa eroica impresa a cui partecipò con onore il nostro valoroso concittadino di cui dobbiamo tutti andare fieri e che meriterebbe, forse, di essere meglio ricordato e onorato dalla sua città natale.
Angelo Ciofi Iannitelli
del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite (G.A.T.C.)