di LUCA GUERINI
CIVITAVECCHIA – Fenomenale. Mai nessun applauso sarà stato troppo forte di fronte alla bravura del tandem Fabio Grossi – Leo Gullotta che ha portato a Civitavecchia Le allegre comari di Windsor. Andate ad acquistare gli ultimi biglietti disponibili perchè quest’allestimento arricchirà ogni spettatore per vari motivi. Il primo è che, da sempre promotore di un teatro classico brillante, fa piacere notare che le vicissitudini di Sir John Falstaff siano state seguite attentamente dalla platea cittadina la quale ha effettivamente perso la cognizione del tempo. Via sbadigli, via fughe in sordina, via toni declamatori retaggio di una tradizione di presentare Shakespeare e i classici ormai desueta che ha allontanato i giovani dal palcoscenico. Soprattutto in questo periodo in cui lo stesso Stato preferisce investire sul cinema con pellicole presto disponibili in home video, spettacoli come quello di Fabio Grossi andrebbero promossi e presentati al maggior numero di ragazzi possibili. Perchè Shakespeare non è quel tizio impolverato, come gli stracci del buffo protagonista dell’opera, ma contiene giochi di parole, brio e vivacità che la regia ha potenziato strappando risate sincere al pubblico. Punto di forza è la caratterizzazione di tutti i personaggi con modi di gesticolare, accenti e toni diversi, ma soprattutto l’intervento musicale che spesso con uno stile ironico sottolinea i vari momenti della trama. Secondo motivo è la bravura di Leo Gullotta, irriconoscibile nei panni di Sir John Falstaff non solo per qualche chilo in più, ma del tutto calato nella parte, arricchisce la propria interpretazione con dettagli e vezzi che l’occhio abituato al teatro e alla regia, non può far a meno di notare. Negli applausi ovviamente è compreso l’intero cast oltremodo azzeccatissimo, tra cui si permetta di ricordare Sante Paolacci che interpretava con grande bravura il ruolo del paggio del protagonista. Volontariamente s’è lasciato per ultimo la cosa più ovvia e che anche il pubblico non poteva esimersi dal notare al primo sguardo: la scenografia. Essa riproduceva con scena fissa la regina perchè, come già spiegato nella presentazione dello spettacolo, questa commedia era stata fortemente richiesta dalla regnante che desiderava assistere alle vicende di Falstaff innamorato. Lo scenografo parte dunque da questo dato, quasi leggendario, per creare intorno alla storia una bellissima cornice perché, lavorando con una scena fissa, basta muovere i veli delle gonne della regina per essere di volta in volta a Windsor o nei boschi. Anche questo dato è sintomo di un desiderio di creatività ed innovazione che andrebbe maggiormente apprezzato. Come era già stato per Pirandello lo scorso anno, portare frizzantezza e ritmo serrato con un linguaggio così letterario non è semplice, quindi un applauso. Un applauso ancora. Un applauso che non sarà mai troppo forte.