logo
    Economia e Lavoro
    30 Novembre 2011
    La crisi vista dalle banche

    MASSIMO 
    di SILVIA TAMAGNINI

    CIVITAVECCHIA – Nonostante l’opinione di molti, in questo periodo di crisi le banche affermano di essere vicine ai cittadini e pronte ad instaurare un dialogo con i propri clienti. E’ questo quanto emerge dalle parole dei rappresentanti della Cassa di Risparmio di Civitavecchia, il Presidente, professor Massimo Ferri, ed il Direttore Generale, Francesco de Martino.
    «Il sistema bancario è il volano dell’economia. – afferma Ferri -. Oggi le banche, nonostante abbiano avuto delle considerazioni positive ad alto livello, attraverso gli Stress Test che sono stati fatti nei mesi di giugno e luglio, stanno soffrendo molto la crisi finanziaria. Il Gruppo Intesa san paolo è risultato tra le migliori delle banche italiane ed è la quarta in Europa. Per rassicurare i cittadini posso dire questo ma non posso aggiungere altro, perché il sistema bancario non può essere preso fine a se stesso, ma va inserito in un contesto più generale, ovvero la credibilità del governo italiano a livello europeo ed internazionale. Dal punto di vista bancario italiano, noi siamo stati sempre un po’ severi nei confronti dei nostri clienti, ma questa severità che c’è stata e che c’è tutt’ora, sicuramente ha avuto sempre ragione rispetto ai default che ci sono stati nei sistemi bancari di oltre oceano. Effettivamente, quegli hyuppies americani che venivano dalla grande università americana, credevano di inventare qualcosa che poi alla fine è stato un boomerang che gli è tornato indietro. Non solo a loro, ma anche ad altre banche del sistema europeo».
    Ma come si comporta la vostra banca nel territorio civitavecchiese?
    «Gli effetti della crisi si sentono anche a Civitavecchia, ed è chiaro che la Cariciv, intesa come banca del territorio, sta vicino il più possibile ai suoi clienti. Non dimentichiamo però che stiamo parlando di una banca, di una SPA che deve rispondere alle direttive di un gruppo, per cui il denaro non può in questi momenti essere regalato, non è stato mai fatto e mai lo sarà, perché il denaro costa. Ora il denaro viene dato a quelle iniziative che rappresentano una certa fiducia per il futuro. Per quanto riguarda le aziende, è chiaro che viene misurata loro la temperatura attraverso il cosiddetto rating o affidabilità del cliente stesso. I rating che vengono fatti sulle imprese sulla base dei loro bilanci, oggi soffrono un pochino a causa della crisi. Questo il sistema bancario lo sa, è chiaro che oltre ai numeri che vengono fuori dal rating, c’è un discorso di conoscenza del cliente: dove c’è un rating negativo, ma conoscenza ed affidabilità del cliente positiva, la banca del territorio può agire in questo modo, attraverso una sinergia tra conoscenza e numeri che vengono fuori dai bilanci». Per quanto riguarda i privati e l’accensione di mutui per l’acquisto di immobili, esiste la ‘‘stretta’’?
    «Fino ad un certo punto – risponde De Martino -. Non dovremmo mai auspicare che la gente faccia indebitamenti troppo alti, al di là di quella che possa essere l’evoluzione della propria posizione finanziaria ed economica. L’accensione del mutuo al 100% era un intervento particolare, era riservato ai giovani che volevano acquistare la prima casa. L’80% dei nostri mutui, già prima della crisi, operava ad un intervento pari all’80% del costo dell’immobile che i clienti compravano. Ma è fondamentale che l’indebitamento di una famiglia non superi il 40%–45% delle entrate, altrimenti cadiamo nello stesso giro vizioso americano, dove gli americani si sono indebitati per anni per importi superiori a quello che guadagnavano».
    “L’Italia – prosegue il Direttore Generale – ha il problema del debito sovrano, ma a differenza di tanti paesi europei ha un vantaggio che oggi la mantiene in una posizione di sicurezza: è il risparmio degli italiani, infatti gli italiani hanno un livello di indebitamento molto più basso degli altri paesi europei. Se noi adesso cambiassimo la strada e cominciassimo a puntare sul finanziare capacità di reddito superiori al 50%, faremmo un danno ai nostri clienti ed alla comunità italiana. Ritengo che ogni caso ha la sua storia, la banca non ha nessun problema ad analizzare tutte le tipologie di richiesta e poi vagliare. Da diversi anni inoltre, sono presenti dei prodotti di tutela, credit protection, per i cittadini in caso di licenziamento o rischio salute. In questo caso, una società che assicura per conto nostro, porterebbe ad azzerare il debito contratto dal cliente. Noi dobbiamo dare un messaggio di fiducia: non è che la situazione in questo territorio sia in peggioramento, è in linea con quella dell’insolvenza media del sistema bancario nazionale. Il Lazio sicuramente soffre di più perché ha un indebitamento per famiglia un po’ più alto delle altre regioni d’Italia. Sicuramente la Cariciv ha la possibilità di ristrutturare quei finanziamenti sedendosi accanto al cliente ed affrontando il problema. E’ importante che i clienti ritrovino il piacere di parlare con i propri gestori o direttori di banca, per spiegare quelli che sono i problemi. Poi, le soluzioni si trovano. Nessuno vuole lasciare il cliente solo”.
    Molte aziende, soprattutto del terziario, lamentano una certa “severità” e rigidità di giudizio…
    “Sul mondo terziario e delle aziende – afferma De Martino – confermo che tutte quelle attività che hanno prospettive, programmi, capacità sono appoggiate dalla nostra banca, come prima e più di prima. E chi è in difficoltà e riesce a darci un piano credibile su quello che può fare per superare la crisi, sicuramente ha il nostro appoggio. Noi abbiamo aderito a due convenzioni sia sul mondo dei privati che sul mondo delle imprese. C’è anche la moratoria di un anno nel pagamento degli impegni finanziari. Quindi bisogna tornare ad un dialogo più serrato tra i clienti, privati ed imprenditori e le banche, gestori e direttori per affrontare in tempo i problemi. Se arrivano ad un punto dove è difficile tornare indietro la situazione si complica. L’interesse delle banche è che cresca l’economia del territorio. Oggi, chi vuole intraprendere un’attività deve prima capire quali sono le attività che hanno un futuro. Il mondo è cambiato: oggi si va in treno e si vedono persone anziane che usano il BlackBerry, o il tablet, i giovani sono su facebook. E’ cambiato tutto e bisogna avere le capacità di convertire le proprie attività a quello che il mercato vuole”.
    Ma come consigliate di comportarsi per poter uscire da questa crisi?
    “Analizzando le domande di finanziamento, la redditività che emerge è problematica. Dobbiamo tornare tutti con i piedi per terra, ognuno deve fare il passo che gli permette la sua gamba. Questo è importante per evitare di vivere sopra le proprie possibilità, andando ad indebitarsi e creando quel brutto ciclo vizioso che ha caratterizzato gli altri paesi. Un altro punto da analizzare con attenzione è quello degli eccessivi investimenti immobiliari. Va bene indebitarsi per l’acquisto della prima casa, anche per la seconda casa, ma per investire sul mattone o si ha la liquidità o altrimenti non è opportuno indebitarsi per fare questo tipo di interventi. In generale, punterei molto di più sullo sviluppo, l’innovazione e le idee. Questo territorio ha bisogno che tutte le persone di buona volontà comincino a tirar fuori delle idee per rilanciare l’economia del territorio. E mi rivolgo in particolar modo ai giovani che escono dalle scuole superiori e dall’università: non abbiate paura di intraprendere un’attività imprenditoriale, se pensate che la vostra possa essere una buona idea”.
    “Sicuramente – riprende Massimo Ferri – si deve far ritornare nei confronti degli investitori italiani e stranieri la fiducia nello Stato Italiano, che per riavere la fiducia non deve solo riassestare il bilancio e portarlo in pareggio entro i prossimi due anni (2013), ma deve dare quegli strumenti necessari affinché gli imprenditori possano effettivamente sviluppare le loro attività industriali. Noi oggi abbiamo un costo del lavoro altissimo, il più alto d’Europa, abbiamo un costo fiscale elevatissimo e tutto questo va a ridurre pesantemente gli utili che vengono prodotti dalle imprese. Gli strumenti per la rinascita devono essere di natura fiscale, previdenziale ed incentivi in grado di far decollare l’occupazione. A Civitavecchia il tasso di disoccupazione è molto alto: bisogna investire sui giovani, creando opportunità affinché le imprese locali possano avere quegli strumenti tali da permettere delle agevolazioni dal punto di vista delle assunzioni e delle imposte. E non si può neppure pensare che sia il COmune a risolvere il problema della disoccupazione, per cui è necessario un intervento del Governo Centrale”.