di MARTINA DE ANGELIS
CIVITAVECCHIA – Siamo davanti all’ennesima denuncia di malasanità a Civitavecchia: mancata concessione dell’indennità di accompagnamento a un paziente dichiarato totalmente invalido. La storia è quella di Enrico Scilipoti, ex pescatore civitavecchiese, deceduto lo scorso 3 dicembre 2011. La vicenda è raccontata dal figlio Tiberio. Enrico da gennaio 2010 comincia a soffrire dei primi malanni dovuti all’età: insufficienza renale e demenza senile i più gravi, diabete e colesterolo alto, non contando i tre bypass al cuore. Il figlio con i parenti più stretti capiscono di non riuscire più a prestargli la giusta attenzione per tutto il giorno. A quel punto decidono di richiedere alla Asl, l’indennità di accompagnamento. Per questo si recano dal medico per la visita sanitaria, dove a Scilipoti verrà riscontrato il 100% di handicap, e quindi il pieno diritto di usufruire del servizio sanitario. Da questo punto in poi cominciano varie pratiche burocratiche, che costringono il figlio Tiberio a una serie di file interminabili e risposte che non arrivano. L’indennità di accompagnamento, o assegno di accompagnamento, è un sostegno economico statale pagato dall’Inps, previsto dalla legge 11.2.1980 n.18 per le persone dichiarate totalmente invalide. “L’assegno mensile si aggira intorno alla cifra di 500 euro – dichiara Tiberio Scilipoti – e io capisco che in Italia ci sia molta gente che se ne approfitta, ma questo non vuol dire negare il servizio a chi realmente ne ha bisogno come mio padre”. L’assegno di accompagnamento si ottiene presentando la domanda per l’accertamento dell’invalidità alla Commissione Medica presso la Asl di competenza territoriale, allegando la certificazione medica comprovante la minorazione o menomazione con diagnosi chiara e precisa e la dichiarazione esplicita dello stato del paziente. Passano i mesi, e a gennaio 2011, dopo la serie di trafile, Tiberio si trova davanti a una scelta: fare ricorso e aspettare 3 anni per l’iter burocratico o rifare la visita per chiedere di nuovo l’indennità e ripartire da zero. Sceglie la seconda opzione che è anche la più veloce: a marzo si reca di nuovo dal dottore con suo padre, dove porta anche un corposo plico di cartelle cliniche che attestano lo stato di salute del padre Enrico, ma il medico gli dice che serve anche la visita da un geriatra “Naturalmente a pagamento”. A maggio 2011 di nuovo dal medico della Asl: “Il dottore si prende anche la libertà di ridermi in faccia, come per dire “eccolo di nuovo” – aggiunge Tiberio Scilipoti – pongo alla sua attenzione di nuovo le cartelle cliniche e in più il foglio del geriatra. A quel punto sempre lo stesso medico mi chiede il perché portavo anche gli accertamenti del geriatra, ma io gli faccio notare che era stato lui, due mesi prima, a chiedermi di andarci”. Il dottore, forse non comprendendo lo stato di demenza senile di Enrico, durante l’incontro si rivolge a lui, chiedendogli che medicine prendeva e se usciva spesso di casa. Naturalmente il paziente non ha saputo rispondere. A settembre la famiglia Scilipoti si vede recapitare una lettera dove viene comunicato che è stato concesso il parcheggio per le persone invalide. “A me non serviva un parcheggio, visto che mio padre non poteva nemmeno mangiare da solo – prosegue il figlio – figuriamoci se poteva guidare una macchina. Non mi è stato di alcun aiuto”. Nel mese di novembre Enrico peggiora, e nello stesso mese gli viene diagnosticato un tumore in stato terminale. Da quel giorno il padre di Tiberio alterna periodi tra casa e il reparto di medicina dell’ospedale San Paolo di Civitavecchia, dove muore il 3 dicembre. “Mi sono trovato anche ad affrontare le condizioni terribili dell’ospedale: sporcizia, mancata assistenza da parte degli infermieri, poco riguardo verso la dignità di un paziente tanto che più di una volta mi sono trovato a dover cambiare il pannolone assorbente a mio padre, oppure scoprire che aveva saltato il pranzo perché a nessuno andava di imboccarlo. Ma in qualche modo, alla fine, mi sono preso un po’ la mia rivincita, anche se mio padre ormai non potrà ridarmelo nessuno”. Infatti Tiberio il 16 dicembre ha la comunicazione che nello stesso giorno riceverà la visita da parte del medico predisposto per l’ok definitivo per l’indennità di accompagnamento. “Nel caos dei peggioramenti di salute di mio padre e poi la sua morte, non ho pensato di comunicare il suo decesso per sospendere le pratiche, quindi il medico si è recato a casa mia per visitare mio padre”. A quel punto Tiberio ha buttato sul sarcasmo più nero l’intera vicenda, facendo scoprire al medico, “lo stesso che non mi aveva preso sul serio – aggiunge Scilipoti – e riso in faccia mesi prima”, che il padre era morto e che adesso sicuramente non aveva più bisogno del servizio.