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    Cronaca
    15 Aprile 2013
    Scalata Lazio, Pasculini: “Sono estraneo ai fatti"

    di ALESSANDRA ROSATI

     

    MONTALTO DI CASTRO – Si è svolto stamattina presso il carcere di Viterbo Mammagialla, l’interrogatorio di garanzia di Mario Pasculini, il bancario di 50 anni, arrestato l’altra mattina nella sua abitazione di Montalto Marina, nell’ambito dell’inchiesta sulla scalata alla SS Lazio da parte del clan dei Casalesi. Il giudice per le indagini preliminari dottoressa Franca Marinelli, delegata dal gip di Roma,Guglielmo Muntoni che conduce l’inchiesta, ha ascoltato a lungo la versione di Pasculini, assistito dall’avvocato di Tarquinia Giulio Piras. Secondo quanto emerso in sede di interrogatorio, sarebbero state riportate delle profonde inesattezze. Pasculini, infatti, non avrebbe alcun ruolo nella scalata alla Lazio. La cronologia dei fatti lo vedrebbe del tutto estraneo a quella fase. Il gruppo composto da Giorgio Chinaglia, – ex centravanti della Lazio e attualmente latitante negli Usa -, e Guido Di Cosimo – anch’egli agli arresti – cinque anni fa, secondo quanto raccontato dal bancario montaltese che ha anche un passato da portiere, entrò in contatto con Pasculini nel tentativo di acquistare e rilanciare la Maremmana calcio, una squadra locale di dilettanti che all’epoca dei fatti giocava nel campionato di promozione. Il tentativo di rilancio della squadra sembrava cosa fatta e Chinaglia si proclamava già presidente onorario. Solo in quella circostanza si instaurarono rapporti tra il duo e Pasculini. Il gruppo – ha raccontato il bancario, all’epoca dei fatti direttore della Banca della Tuscia-Credito cooperativo di Canino – ha aperto un conto presso la banca di Canino, dove si sarebbero dovuti versare due milioni e mezzo di euro. Quel conto, però, non è mai stato utilizzato, non ci sarebbe stato mai alcun movimento. Il denaro che doveva arrivare dalla Svizzera non è infatti mai giunto a destinazione. I rapporti intercorsi tra il bancario di Montalto di Castro e Chinaglia e Di Cosimo sarebbero stati dunque unicamente nell’interesse dell’istituto bancario di Canino che con l’arrivo paventato di quella grossa somma di denaro, avrebbe acquisito un grande prestigio. Il progetto però naufragò e i due sparirono, tanto che un paio d’anni dopo la società Maremmana fallì e sparì anch’essa dal panorama del calcio locale.Fallito il tentativo Maremmana, secondo quanto sostenuto dalla difesa, non ci furono più rapporti di Pasculini con Chinaglia e Di Cosimo. Anche i rapporti con Giuseppe Diana, titolare della ‘’Diana gas’’ sarebbero avvenuti all’assoluta insaputa di Pasculini che si trattava di un esponente di spicco della camorra, l’uomo-braccio che riciclava il denaro sporco. “Nessuno sapeva – spiega il legale difensore – tantomeno Pasculini, chi fosse veramente quella persona”. Peraltro Diana, versò soltanto un assegno di 10mila euro sul conto della Maremmana calcio, soldi destinati alla squadra solo a titolo di sponsor: tanto che i ragazzi giocavano con le maglie targate ‘’Diana gas’’. I tre, dopo ripetute sconfitte della Maremmana, sparirono da Montalto e dintorni. L’obiettivo per loro era diventato un altro: tentare la stessa scalata fallita per la Maremmana, con il Lanciano, squadra abruzzese in C1. Anche quell’operazione, avviata nei primi mesi del 2005, non andò in porto. Nel 2006 arrivò l’idea della scalata alla Lazio, con l’appoggio anche dei tifosi organizzati, anche loro finiti in manette. All’epoca, erano già interrotti da tempo i rapporti con Pasculini. Il bancario, ex dipendente della Banca del Cimino di Viterbo, poi passato alla Banca della Tuscia – Credito Cooperativo di Canino, come direttore e, successivamente, alla filiale della Banca di Roma di Tarquinia, dove tuttora è vicedirettore, secondo la difesa, avrebbe sempre agito ed avviato attività che erano a totale conoscenza della banca di Canino e dei dirigenti, compreso l’allora direttore generale Martellini. L’inchiesta della Procura romana ha portato in tutto all’arresto di sette persone, di cui tre latitanti, il sequestro di due milioni di euro e il forte sospetto di inquietanti legami col clan dei Casalesi.