Da centro di ricerca a grande azienda: oltre 25 anni di storia che hanno portato ad un fatturato di 145 milioni di euro (anno 2014), più di 1000 brevetti e 412 addetti (+28% solo negli ultimi 3 anni). Sono questi i risultati della Novamont, azienda nota nel mondo delle bioplastiche con il marchio Mater Bi, che ha presentato il volto nuovo dell’azienda. Disegnata da Lorenzo Marini Group, la nuova immagine è un nastro verde blu che si avvolge su se stesso con un movimento circolare verso l’alto a rappresentare il senso della perpetua tensione verso l’eccellenza della ricerca, il pianeta Terra e la rigenerazione. Capovolto di 90 gradi il nastro diventa la lettera M, iniziale di Mater Bi, la famiglia di prodotti sviluppati attraverso l’integrazione di chimica, ambiente e agricoltura. Oggi, commenta Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont, «non siamo più una singola azienda. Attraverso investimenti significativi siamo diventati un gruppo di aziende, con un network di siti produttivi e di ricerca, una rete commerciale globale e una joint venture di peso». Un gruppo «con le radici nel territorio e la testa nel mondo, che con questo nuovo ‘abito’ conferma la tensione verso l’innovazione continua». L’obiettivo, spiega la Bastioli, è porre al centro del dibattito la questione ambientale «come grande opportunità di sviluppo e innovazione». Inoltre, «c’è l’idea di poter essere un caso esempio di bioeconomia sul territorio e pionieristico a livello internazionale, e fare in modo che l’Italia metta l’acceleratore sull’opportunità di questo settore facendo da traino a livello europeo».Quanto alle prossime sfide la parola d’ordine è sempre una: innovazione, dai prodotti alle materie prime fino alle coltivazioni agricole. C’è poi l’Europa, con il ‘First2Run’, il primo progetto UE bandiera dedicato alla bioeconomia, guidato dalla Novamont con una cordata europea. Questo dimostra, commenta l’ad del Gruppo, che «il nostro progetto di bio raffineria è allo studio anche dell’Europa ed è guardato con grande interesse soprattutto nella possibilità di integrare agricoltura, industria, ricerca e innovazione sul territorio dando così valore al concetto di rigenerazione territoriale». Questo vuol dire: utilizzare scarti e materie prime locali; rispettare la biodiversità del posto; riutilizzare siti deindustrializzati e terreni marginali, sviluppare impianti e tecnologia a basso impatto e stretta collaborazione con il mondo agricolo. «È questa la vera sfida. Si tratta di un’opportunità incredibile» conclude Bastioli.
Energia e ambiente
18 Settembre 2015
Da centro di ricerca a grande azienda, 25 anni di Novamont