Se i ghiacciai sono il simbolo ma anche il sintomo del nostro rapporto con l’ambiente, i dati su cui questa relazione si basa fanno riflettere: nel 2015 il ghiacciaio dei Forni si è frantumato in tre ghiacciai più piccoli, perdendo di fatto la caratteristica che gli è valsa la fama di «gigante del Parco nazionale dello Stelvio». E ancora: in 26 anni si sono persi 2mila miliardi di litri di riserve di acqua sulle Alpi Centrali. L’analisi delle variazioni volumetriche dal 1981 ad oggi ha infatti evidenziato un rilascio idrico da parte dei nostri ghiacciai, considerando solo quelli delle Alpi Centrali, pari a 2000 miliardi di litri, l’equivalente di 800.000 piscine olimpiche e 4 volte il Lago Trasimeno. Insomma, l’equilibrio tra quanto un ghiacciaio riceve in inverno con la neve – che lo ‘alimenta’ – e quanto rilascia in estate è compromesso. Un fenomeno preoccupante, visto il ruolo dei ghiacciai e nel produrre acqua, soprattutto nel periodo estivo, utile a mitigare i periodi di siccità e cruciale per la produzione di energia idroelettrica.
Come se non bastasse, c’è un altro dato suggestivo quanto preoccupante: i ghiacciai stanno «cambiando pelle» perdendo il loro candore, colpa di detriti e polveri che si accumulano sulla loro pelle, peggiorando il fenomeno della fusione che dà vita a laghi, crepacci, collassi.
E ancora: dagli anni ‘60 ad oggi abbiamo perso il 30% della superficie dei ghiacciai, sono scomparsi 160 kmq di area glaciale (quanto il lago di Como) e oggi le 900 unità glaciali nazionali ricoprono in totale una superficie pari a quella del lago di Garda. I ghiacciai non si sono solo rimpiccioliti, ci troviamo di fronte anche alla completa estinzione di quasi 200 apparati. Per fare un esempio concreto, se nel 1800 i ghiacciai della Valle d’Aosta ricoprivano il 10% della superficie della regione, oggi tale percentuale è scesa drasticamente al 4%. Mutazioni importanti, incredibilmente veloci come nel caso del ghiacciaio dei Forni, che hanno reso necessari gli aggiornamenti al Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani, presentati alla Camera dei Deputati dall’Intergruppo parlamentare per il clima Globe Italia. Dati che confermano una generale tendenza al regresso mentre proseguono i fenomeni tipici dell’attuale fase di intensa «deglaciazione». In pratica, non solo l’ex gigante dello Stelvio, ma molti ghiacciai negli ultimi anni si sono frammentati in più tronconi: il ghiacciaio del Lys, uno dei più grandi della Valle d’Aosta, è ormai ridotto in 3-4 unità minori; il ghiacciaio della Lex Blanche, anch’esso in Valle d’Aosta, il ghiacciaio della Ventina in Lombardia, il ghiacciaio del Careser e quello del Mandrone-Adamello in Trentino, la Vedretta Alta e il ghiacciaio di Vallelunga in Alto Adige, solo per citare i più noti. Continuando così «nell’arco di pochi decenni si potrebbe realizzare un’ulteriore avvicinamento a un paesaggio alpino, più simile ai Pirenei e agli Appennini, ormai quasi totalmente privo di ghiacciai”, spiega Claudio Smiraglia, professore all’Università degli studi di Milano – Dipartimento di Scienze della Terra. Solo un problema di paesaggio? No. “Compilando il Catasto, i ricercatori hanno osservato profonde modificazioni che possono avere risvolti non trascurabili su pericolosità e rischio ambientali anche sul fronte del dissesto idrogeologico». Un problema che deve chiamare in campo la politica. Per Stella Bianchi, presidente Intergruppo per il clima Globe Italia, “la consistente e continua riduzione del volume dei ghiacciai nelle nostre Alpi e in ogni altra area ci dice che siamo in emergenza clima. In questo contesto è quanto mai importante disporre di strumenti in continuo aggiornamento che permettano di conoscere estensione e variazioni della risorsa glaciale italiana».
«Dobbiamo prendere con la massima urgenza le decisioni necessarie a ridurre in modo drastico le emissioni di gas serra e lavorare al successo del vertice Onu di Parigi – conclude Bianchi – per restare entro la soglia dei due gradi di aumento della temperatura media globale”.