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    Speciale medicina
    15 Marzo 2016
    A Milano i 'top 40' dell'ematologia: "Ecco la road map per battere i tumori del sangue"

    MILANO – “Sono tempi straordinari per l’onco-ematologia. Il futuro delle cure mirate è qui e lo sforzo deve essere quello di vincere la sfida anche per i pazienti che ancora hanno poche chance di farcela”. I ‘top 40’ dell’ematologia dettano la ‘road map’ per battere i tumori del sangue. E lo hanno fatto da Milano, dove per la prima volta in Europa si sono riuniti per il simposio ‘Hematological Malignancies, from mechanism to therapy’ (cominciato mercoledì 9 marzo, fino a sabato 12), promosso dall’Istituto europeo di oncologia.

    La sfida è quella di fronteggiare ‘l’epidemia ematologica’: oggi nei Paesi occidentali ogni 3 minuti una persona si ammala di un tumore del sangue e il ritmo è destinato ad aumentare, con le leucemie e i linfomi in ascesa vertiginosa nella terza età (una ‘bomba a orologeria’ in un Paese ad alto tasso di invecchiamento come l’Italia) e i mielomi che sono la terza neoplasia maggiormente in aumento tra le donne e la quinta fra gli uomini. In generale, complici anche i baby-boomers (i nati fra il 1946 e il 1964) che invecchiano, le malattie ematologiche diventeranno le più frequenti forme di neoplasia nelle prossime decadi.

    Ma il mondo sta cambiando anche sul fronte delle terapie, sull’onda della rivoluzione della genomica che ha imposto la necessità di rivedere la classificazione stessa delle malattie ematologiche, a soli 7 anni dalla precedente edizione, “alla luce dell’esplosione di dati molecolari che permettono di identificare terapie più personalizzate e nuovi bersagli”, spiega Stefano Pileri, responsabile dell’Emolinfopatologia dell’Ieo. La nuova classificazione, sotto l’egida dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), sta per uscire e fornirà “linee guida per riorganizzare il sistema della diagnosi e l’impostazione delle terapie. E andranno senz’altro anche identificati (pochi) centri di riferimento competenti per questo nuovo tipo di approccio”.

    La nuova stratificazione delle malattie del sangue e del sistema linfatico “tiene conto dell’età e dei rischi connessi alle diverse patologie – continua Pileri – e ci ha permesso anche di identificarne alcune con un comportamento inaspettatamente blando. Sono state individuate nuove entità correlate all’età e promosse dal virus Epstein-Barr, come leulcere muco-cutanee, lesioni che sembrano aggressive da un punto di vista istologico ma in realtà sono autolimitanti.Riconoscerle significa evitare evitare una chemio gratuita”.

    In generale ora l’imperativo, sottolinea Piergiuseppe Pelicci, direttore della Ricerca Ieo, è trasferire immediatamente i risultati della genomica alla diagnosi e quindi alla cura. “Sebbene si vada verso terapie sempre più mirate – sottolineaCorrado Tarella, direttore dell’Ematologia clinica Ieo – c’è un 20-30% di pazienti che ancora vanno male. Significa che per loro la prospettiva è morire in poche settimane, quando magari fino a qualche giorno prima erano tranquillamente a lavorare. Un dramma aggravato dal fatto che si vedono altri pazienti reagire bene alle cure”.

    Un esempio di come le terapie personalizzate stanno cambiando le carte in tavola arriva dal team tedesco di Dohner (università di Ulm), che ha trovato un modo per far sì che i pazienti con leucemia mieloide acuta vengano divisi in gruppi e trattati con 5 nuovi farmaci, a seconda della lesione genetica. “Si fa il genoma – spiega Pelicci – si identifica a quale gruppo appartiene, e in base a questo gli si dà una terapia. Gli esperti riescono a suggerire il farmaco mirato in meno di 48 ore. Se si vuole usare il genoma clinicamente il fattore tempo conta. La leucemia acuta è una malattia fulminante, e il trattamento non si può procrastinare. Jean Bernard, padre dell’ematologia europea, raccontava di un suo paziente che il venerdì aveva vinto una tappa del tour de France, il lunedì aveva ricevuto la diagnosi di leucemia acuta e mercoledì era già morto”.

    Oggi, continua Pelicci, “abbiamo il profilo genomico della maggior parte dei pazienti e i farmaci si moltiplicano. Dobbiamo cambiare in base a questo, e immaginare sistematicamente nuove terapie”. Gli esperti si sono confrontati su diverse ‘storie di successo’. Dai risultati incoraggianti, seppur preliminari, osservati nell’utilizzo di un’associazione tra un farmaco ‘riposizionato’ e uno nuovo in un piccolo gruppo di pazienti con linfoma del sistema nervoso centrale, fino alle promesse che arrivano dall’immunoterapia.

    “Anche in ematologia – spiega Riccardo Dalla Favera, scienziato italiano pioniere della genetica dei tumori in forze allaColumbia University di New York e consulente esterno del programma Ematologia dell’Ieo – aver capito che il tumore attua strategie per nascondersi ha aiutato. Per esempio, i linfomi diffusi a grandi cellule producono molte molecole mutate, ma il tumore elimina geneticamente quelle che presentano sostanze estranee sulla superficie cellulare, per diventare invisibile al sistema immunitario. Altri tumori fanno qualcosa di altrettanto intelligente, ma aggredibile clinicamente. Se nel primo caso il cancro è come un ladro che si rende invisibile, nel secondo fa finta di essere onesto”, eliminando le molecole che potrebbero smentirlo, “e invia un segnale positivo al sistema immunitario inducendolo a non aggredire”.

    Questo segnale “è però contrastabile con alcuni anticorpi che inducono il linfocita ad attaccare. La strategia – continua Dalla Favera – ha avuto successo per esempio nel linfoma di Hodgkin: esiste un 20% di forme resistenti per le quali, tramite questi anticorpi (anti-PD-1 e anti-PD-L1), si è ottenuta remissione. Vedremo per quanto tempo, ma è un progresso concettuale”. Le nuove frontiere, conclude lo scienziato, sono due: “Da un lato sviluppare farmaci che uccidano la cellula tumorale, dall’altro armare il sistema immunitario per ucciderla in quanto estranea. Tutte e due dovranno essere usate. Con l’Ieo stiamo lavorando sull’individuazione di anticorpi che possano uccidere la cellula tumorale”. (Adnkronos)