Gli omega-3 possono salvare la vita ed evitare a chi ha già subito un infarto di averne un secondo nell’arco di un anno. E’ quanto ha stabilito uno studio retrospettivo su 11 mila pazienti di 5 Asl italiane, colpiti da sindrome coronarica acuta. Il 21,5% è stato trattato con Pufa n-3 (Esteri etilici di acidi grassi polinsaturi), un concentrato di omega-3 (pari a 1 grammo), e dopo un anno i ricercatori hanno registrato nei post-infartuati una riduzione del rischio di mortalità del 24,5% e del 34,7% per il pericolo di un re-infarto. Lo studio è stato pubblicato sull’’American Journal of Cardiology’ ed è stato condotto dalla Fondazione Irccs Maugeri di Veruno (Novara), la Duke University Usa e l’Università di Brescia. La ricerca, realizzata con il contributo non condizionante della Sigma-Tau, è stata presentata a Firenze al Congresso nazionale ‘Conoscere e curare il cuore’. «L’assunzione di Pufa n-3, con un contenuto in Epa e Dha (due particolari acidi grassi polinsaturi) non inferiore all’85%, insieme alla terapia di riferimento utilizzata in dimissione ospedaliera, riduce significativamente il rischio re-infarto e di mortalità, migliorando la qualità di vita dei pazienti e non ultimo garantendo un sostegno al Ssn grazie alla riduzione dei costi legati alla
re-ospedalizzazione», hanno spiegato gli autori. «I Paesi che mangiano tanto pesce hanno un’aspettativa di vita molto alta in confronto a quelli che non lo consumano – ha sottolineato Pier Luigi Temporelli, della Cardiologia riabilitativa della Fondazione Maugeri Irccs di Veruno – Nel pesce ci sono i Pufa n-3, in particolare Epa e Dha, ma solo in alcune tipologie di pesce grasso di mari freddi (salmone, acciuga, sardina aringa sgombro, pesce spada), oppure nell’olio di pesce. Ma ne dovremmo mangiare 250 milligrammi al giorno, ovvero 2-3 volte a settimana. Chi invece ha avuto una sindrome coronarica acuta – precisa – dovrebbe consumare 1 grammo al giorno di omega-3. Una quantità difficilmente raggiungibile. Ecco l’utilità dei Pufa n-3 che concentrano in una pasticca la quantità necessaria». «Gli omega-3 hanno ancora un ruolo e lo studio lo dimostra – ha osservato Savina Nodari, cardiologa dell’Università di Brescia – L’analisi del mondo reale fatta con lo studio dimostra che gli omega-3 hanno un valore indipendente rispetto a tutti gli altri farmaci, pur dati secondo linee guida, nel ridurre la mortalità e l’infarto. Inoltre evitano nuove ospedalizzazioni, e questo significa anche far risparmiare il Ssn, un punto di forza per garantire questi farmaci ai pazienti. Ci sentiamo di suggerire quindi – conclde Temporelli – di inserire nell’armamentario dei pazienti post-infartuati almeno nel primo anno dopo l’evento, dove sono più a rischio, 1 grammo al giorno di Pufa n-3».
Speciale medicina
21 Marzo 2016
Dopo l’infarto, gli Omega-3 salvano la vita