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    Speciale medicina
    27 Maggio 2016
    Aids infantile, nuove strategie

    L’unione fa la forza per dare scacco all’Hiv e vincere una sfida importante: curare al meglio i bambini che nascono sieropositivi per ‘negativizzare’ immediatamente l’infezione da virus Hiv-Aids e sviluppare più rapidamente, proprio grazie alle cellule dei più piccoli, farmaci che in futuro potrebbero eliminare per lunghi periodi, e forse definitivamente, il virus dall’organismo dei malati. Il tutto azzerando, o almeno riducendo significativamente, le nicchie di resistenza all’interno delle quali i farmaci di oggi non riescono ad agire. Parte dall’Italia questa nuova sfida al virus dell’Aids. Grazie alla piattaforma di Fondazione Penta, network internazionale che riunisce centri universitari di altissimo livello in tutto il mondo, e all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, prende il via il progetto di ricerca traslazionale ‘Epiical’. Un progetto finanziato con 8 milioni di euro nei prossimi cinque anni. Grazie alle cellule dei bambini, che rappresentano un modello unico di sviluppo del virus e della malattia, sarà possibile accelerare la messa a punto di farmaci innovativi, capaci di agire su nuovi target e addirittura di aprire la strada all’immunoterapia specifica, in grado di rendere il corpo capace di aiutare ad eliminare, con i propri sistemi difensivi, il virus stesso. Obiettivo della ricerca, creare modelli predittivi per meglio comprendere l’andamento dell’infezione e verificare lìefficacia di nuove strategie immuno-terapeutiche, capaci non solo di bloccare la replicazione virale, come avviene oggi, ma anche di determinare fasi di remissione della malattia e consentire temporanee sospensioni dei trattamenti antivirali. «La più efficace evoluzione nella cura dell’Aids è stata l’introduzione della terapia combinata antiretrovirale nelle fasi più precoci dell’infezione – spiega Paolo Rossi, direttore del Dipartimento pediatrico universitario del Bambino Gesù – Questo significativo cambiamento della strategia terapeutica ha trovato la sua prima e più piena applicazione nell’infezione pediatrica, quando il virus è trasmesso dalla madre infetta al neonato, solitamente al parto. In questo modello, infatti, il momento dell’inoculo dell’agente infettivo è noto ed è quindi possibile instaurare immediatamente la terapia». «I bambini che hanno ricevuto la terapia precoce – continua Rossi – presentano un quadro immunologico e virologico unico, tanto che alcuni, sospesa la terapia, sono stati per lungo tempo senza virus Hiv evidenziabile». Studiando in laboratorio quanto avviene nei bambini si pongono le basi per trovare nuove cure destinate a tutti.