Un progetto pilota di teleassistenza per la distrofia, una delle più diffuse fra le malattie rare. Ne ha parlato Giovanni Leonardi, direttore generale della ricerca e innovazione in sanità al ministero della Salute, alle Giornate di incontro promosse dall’associazione Fshd (Distrofia muscolare faccio-scapolo-omerale), nei giorni scorsi al centro congressi all’Universita’ Cattolica di Roma, per fare il punto sulla ricerca contro questa malattia degenerativa, che non ha una cura.
«La ricerca e’ la speranza di tutti coloro che a oggi non hanno una cura disponibile. Ma intanto dobbiamo migliorare la vita dei pazienti, per aumentarne la qualità e anche la durata. Con questo obiettivo abbiamo avviato all’Irccs neurologico Pulejo di Messina – spiega all’Adnkronos Salute – un progetto di teleassistenza in zone disagiate, in modo da avere al domicilio dei pazienti dispositivi che permettano di monitorarli costantemente e di intervenire in caso di momenti critici, come e’ successo, per esempio, di notte impedendo cheil paziente fosse sottoposto a un intervento pesante come una tracheotomia. I risultati permetteranno di individuare delle buone pratiche che poi possono essere diffuse su tutto il territorio. Infatti, stiamo pensando di allargare questo progetto».
Sul fronte della ricerca, «il ministero ha finanziato – prosegue Leonardi – circa 20 ricerche con l’ultimo Bando emanato, con un impegno di 8 milioni di euro solo per le malattie rare. E ci sono investimenti specifici da parte degli Irccs della rete neurologica per cercare biomarcatori e opportunità di cura. La ricerca anche e soprattutto nel campo delle malattie rare e’ un investimento per il futuro del Paese, in grado di creare metodologie innovative per la cura dei pazienti».
«In attesa di una terapia dobbiamo far fonte alle esigenze dei pazienti. Sappiamo che questa malattia progredisce e possiamo contenere l’insorgenza di varie complicanze», evidenzia Placido Bramanti, direttore scientifico dell’Irccs messinese che sta portando avanti il progetto pilota del ministero. «Un progetto denominato ‘macchina-dipendente’ – spiega – perché nel momento in cui le funzioni vitali cominciano a deteriorarsi c’e’ bisogno di macchine, che favoriscano il respiro, soprattutto notturno, e sopperiscano ai deficit muscolari progressivi, che impediscono pian piano l’autonomia, ma anche alle crescenti difficoltà di deglutizione. Si è deciso di affrontare un percorso che tenga sempre più distante l’ospedale e metta in primo piano i bisogni della famiglia».
Speciale medicina
24 Giugno 2016
Distrofia, assistenza h24 con la telemedicina