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    Speciale medicina
    11 Febbraio 2017
    Dna dell’altezza, 83 varianti genetiche

    E’ un rebus che appassiona gli scienziati da anni: comporre il puzzle dei geni che influenzano l’altezza umana. Ora si aggiunge un nuovo tassello, 
    grazie a uno studio su scala mondiale – il più ampio e approfondito condotto finora – che ha richiesto l’impegno di un network di oltre 300 ricercatori di 5 continenti e l’arruolamento di più di 700 mila partecipanti. Un maxi spiegamento di forze che ha prodotto risultati: gli esperti sono infatti riusciti a scoprire 83 varianti genetiche che controllano la statura. Alcune di queste hanno un potere «enorme», assicurano gli scienziati, perché è emerso che sono in grado di variare l’altezza di più di 2 centimetri, cioè più di 10 volte l’effetto medio delle varianti genetiche precedentemente scoperte.
     Il lavoro del consorzio internazionale ‘Giant’ (Genetic Investigation of Antrhropometric Traits) è stato guidato dagli atenei britannici Queen Mary University di Londra e University of Exeter, dal canadese Montreal Heart Institute e dallo statunitense Broad Institute di Mit e Harvard. I risultati, pubblicati su ‘Nature’, hanno una portata che va oltre la semplice curiosità su come il Dna determina l’altezza, sottolineano gli autori. La statura è influenzata da varianti genetiche multiple che lavorano insieme e rappresenta una sorta di ‘finestra’ sui tratti genetici complessi, che «potrebbe darci una 
    ‘impronta digitale’ per studiare disordini multifattoriali come diabete e malattie del cuore», chiarisce Joel Hirschhorn, Boston Children’s Hospital e Broad Institute.Un punto di partenza per la medicina di precisione, lo definiscono dall’ateneo di Montreal. Essendo facile da misurare, la statura offre un modello relativamente semplice «per capire come le informazioni nel nostro Dna possono spiegare le tante differenze fra gli esseri umani», dice Guillaume Lettre (Montreal Heart Institute). I risultati ottenuti «suggeriscono che il nostro approccio funziona», aggiunge Panos Deloukas (Queen Mary University), e può aiutare anche su altri fronti. «Possiamo ora iniziare a individuare variazioni genetiche simili in grado di influenzare il rischio di sviluppare malattie comuni come il diabete, il cancro, la schizofrenia e le malattie cardiovascolari, per citarne solo alcune».