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    Speciale medicina
    20 Maggio 2017
    Calo di udito, rischio demenza

    Parlare all’orecchio perché il cervello intenda. E viceversa. C’è un legame molto stretto che unisce l’udito alla mente. «Un circolo di vita, da salvaguardare fin da subito», evidenziano gli esperti. Soprattutto se si dà un occhio ai dati che arrivano dalla letteratura scientifica, per esempio agli studi che analizzano negli anziani il rapporto fra ipoacusia e demenza. Dall’analisi dei lavori condotti su questo fronte, la presenza di un calo dell’udito legato all’età è risultata incrementare di oltre 3 volte la probabilità di demenza. Dall’altro lato, in 3 pazienti con deficit cognitivo su 4 si registra anche un disturbo dell’udito. E’ la fotografia che emerge dal Rapporto ‘Il cervello in ascolto – lo stretto intreccio tra udito e abilità cognitive’, presentato a Milano. Un gruppo di esperti – fra cui figurano anche specialisti italiani – ha passato in rassegna e valutato criticamente gli studi clinici e di laboratorio più recenti sul tema, per analizzare il legame tra due «vere emergenze sociali»: da un lato 360 milioni di persone nel mondo convivono oggi con un calo dell’udito, dall’altro si contano 47 milioni con una forma di demenza. Numeri destinati a impennarsi nei prossimi 30 anni con il progressivo invecchiamento della popolazione. Considerando anche che dopo i 65 anni una persona su 3 presenta una forma di ipoacusia. Il messaggio degli esperti è che, sebbene le dinamiche non siano perfettamente chiare, «su questo legame bidirezionale che esiste tra calo dell’udito e demenza vanno accesi i riflettori». Da qui il Rapporto promosso da Amplifon, multinazionale italiana attiva nelle soluzioni e nei servizi per l’udito. Innanzitutto, precisa Andrea Peracino, presidente della Fondazione Giovanni Lorenzini di Milano, «va ricordato che l’udito fa parte del cervello». Noi sentiamo non solo con le orecchie, ma anche e soprattutto con il cervello. Una ‘magia’ che va ben oltre la meccanica di un osso che vibra. Il suono di una parola non attiva solo la corteccia uditiva dove la parola viene ‘sentita’, ma accende numerose aree e reti del cervello dove viene ‘compresa’ o collegata da un punto di vista semantico e cognitivo.