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    Speciale medicina
    24 Gennaio 2018
    Encefalopatia epatica, nel 2018 le linee guida italiane

    Il 2018 sarà l’anno delle nuove linee guida italiane sull’encefalopatia epatica. Un’importante novità, considerando che le ultime, unione delle indicazioni americane ed europee, risalgono al 2014. Il board dell’Associazione italiana per lo studio del fegato (Aisf) ha già cominciato a lavorare, riferisce Piero Amodio, docente di medicina interna all’università di Padova e già presidente della Società internazionale sull’encefalopatia epatica (Ishen). Lo sguardo degli esperti italiani sarà puntato sull’Asia, in particolare sull’India, da dove arrivano la maggior parte degli studi più significativi sulla patologia. «Questo – spiega Amodio – perché la casistica è molto diffusa, considerata l’enorme popolazione e anche l’incidenza di cirrosi e epatiti, malattie predisponenti all’encefalopatia epatica. Ci sono centri di riferimento che hanno un bacino d’utenza più grande della popolazione italiana: come se in Italia ci fosse un solo ospedale. Per avere un’idea: se in un centro specialistico italiano si visitano 50 pazienti al giorno, in uno indiano i pazienti visitati sono almeno 300. Questo, ovviamente, significa anche avere molti casi, quindi molti dati utili alla ricerca». Le nuove linee guida italiane indicheranno – in base ai dati dei letteratura più recenti – l’approccio più adeguato alla malattia alla cui origine c’è il passaggio di sostanze tossiche, come l’ammonio, direttamente nel circolo sanguigno senza che siano ‘filtrate’ dal fegato. La produzione di questi ‘veleni’, precisa Amodio, «avviene a livello del lume intestinale per opera dei batteri presenti nell’intestino, il microbiota, e delle stesse cellule intestinali». Le sostanze prodotte dal microbiota, continua l’esperto, «possono essere ridotte con l’uso di alcuni zuccheri, in particolare il lattulosio». L’altra arma a disposizione dei medici sono «gli antiobitici che non vengano assorbiti e che hanno la capacità di modicare la composizione e la funzionalità del microbiota». Il più specifico «è la rifaximina, medicinale meno tossico e più ‘mirato’. Una molecola che è stata sintetizzata in Italia molti anni fa – evidenzia Amodio – ed ora è riconosciuta a livello mondiale per la sua efficacia».