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    Speciale medicina
    31 Gennaio 2018
    Mezzo milione di infezioni resiste agli antibiotici

    Fanno paura le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sul fenomeno delle gravi infezioni batteriche contro cui gli antibiotici non funzionano: i primi dati pubblicati dall’organismo parlano di 500.000 casi in 22 Paesi, sia ad alto che a basso reddito. Si tratta del risultato del lavoro del nuovo sistema globale di sorveglianza antimicrobica dell’Oms, secondo cui i batteri resistenti più comunemente riportati sono stati Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus aureus e Streptococcus pneumoniae, seguiti da Salmonella. Il sistema non include però i dati sulla resistenza del Mycobacterium tuberculosis, che causa la tubercolosi, dal momento che l’Oms lo monitora dal 1994 separatamente e fornisce aggiornamenti annuali nel rapporto globale sulla Tbc. Dunque le cifre potrebbero essere anche più alte. La percentuale di batteri resistenti ad almeno uno degli antibiotici più comunemente utilizzati varia enormemente tra i diversi paesi, da zero all’82%. La resistenza alla penicillina – usata per decenni in tutto il mondo per trattare la polmonite – arriva fino al 51%. E tra l’8% e il 65% dei batteri E. coli associati a infezioni del tratto urinario, presenta resistenza alla ciprofloxacina, antibiotico comunemente usato per trattare questa condizione. «Il rapporto conferma la grave situazione di resistenza agli antibiotici in tutto il mondo», afferma Marc Sprenger, direttore del Segretariato della resistenza antimicrobica dell’Oms. «Alcune delle infezioni più comuni del mondo potenzialmente pericolose si stanno dimostrando resistenti ai medicinali. E, cosa ancora più preoccupante, i patogeni non rispettano i confini nazionali. Ecco perché l’Oms sta incoraggiando tutti i Paesi a istituire buoni sistemi di sorveglianza in grado di fornire dati». A oggi, 52 paesi (25 ad alto reddito, 20 a reddito medio e 7 a basso reddito) sono iscritti al sistema globale di sorveglianza antimicrobica dell’Oms. Per il primo rapporto, 40 paesi hanno fornito informazioni dai loro sistemi di sorveglianza nazionali e 22 hanno anche fornito dati sui livelli di resistenza agli antibiotici.