di TONI MORETTI
CERVETERI – La conferenza stampa tenuta dalla Multiservizi Caerite, la società partecipata al 100% dal comune, già dal giorno dopo si è celebrata come un evento. E’ stato troppo bello, in un paese come Cerveteri, dove per la maggior parte dell’anno, le uniche cose che fanno notizia sono le “trastule” vere o presunte che l’amministrazione di turno fa a danno di cittadini inermi che appaiono vessati da amministratori cinici e incompetenti, sentirsi dire che il comune facendo impresa con la sua società partecipata, la fa tanto bene da centrare quelli che sono gli obiettivi attesi: fare utili e elargire servizi essenziali per l’intera comunità.
E’ stato bello, sentirsi dire: «La Multiservizi Caerite Spa è un esempio di società municipalizzata che negli ultimi anni ha visto azzerare le passività del bilancio arrivando a produrre oltre 500mila euro di utili». Queste dichiarazioni sfatano infatti, il concetto di multisevizi-carrozzone, voluta apposta poco efficiente, con gestioni incomprensibili, al servizio di amministrazioni che con “l’ammuina” gestionale voluta e provocata ed interessatamente eseguita da un management asservito, veniva con spregiudicatezza utilizzata come “bancomat” per finanziare operazioni mirate al soddisfacimento di interessi politici personali o di gruppo d’area.
Come è stato fantastico sentirsi comunicare che: «Oggi le nostre farmacie comunali sono al 21simo posto di una classifica nazionale dal punto di vista della produzione di utili tanto che il sindaco dice che questo deve renderci orgogliosi e soddisfatti».
E sentire il vice sindaco Giuseppe Zito che con convinzione afferma che la volontà dell’amministrazione comunale è di rivedere lo statuto per affidare alla Multiservizi altri lavori come la manutenzione stradale, la gestione della sosta a pagamento e in futuro anche la possibilità di riportare nel servizio pubblico la gestione dei rifiuti, per coloro che quotidianamente combattono con una azienda che non li soddisfa specialmente nella raccolta differenziata, apprendere che il servizio verrà affidato alla società di casa, per certi versi anche sua e così bene amministrata, avrà provocato un tripudio di gioia e di soddisfazione.
Ma un punto di grande importanza non si è chiarito. Il comune fa impresa e potenziando la sua partecipata da impulso a questa missione. La gestione porta utili e va bene, ma come questa impresa opera sul mercato? Con quali metodi? Rispetta i diritti dei lavoratori non snaturando la funzione dell’Ente che istituzionalmente deve mediare proporre ma anche imporre con la sua autorità azioni a difesa dei lavoratori e dello stato sociale contribuendo a realizzare un autentico Stato di Diritto? Dei metodi gestionali attuati dalla municipalizzata, non sono entusiasti i dipendenti delle farmacie comunali. Tra di loro c’è un disagio che si palpa poiché è da tempo che lamentano condizioni di lavoro e di turni impossibili dovuti al fatto di operatori che negli anni del “risanamento” o perché licenziati o perché andati in pensione non sono stati reintegrati con nuove figure. Il malcontento è così evidente tanto che qualcuno ipotizza: «Si è rientrato di due milioni di euro? Facciamo i conti della serva. Trentamila euro all’anno risparmiati per cinque persone in meno, in cinque anni ecco recuperati i due milioni».
Si parla anche di interventi fatti sul taglio dei buoni pasto e sul mancato riconoscimento dei premi di produzione. Allora si fa impresa con tecniche e metodologie del privato? «Peggio – è la risposta – Si immagini che ci sentiamo ricattati e inibiti dall’esternare le nostre rivendicazioni dallo spauracchio di un “esubero” che si sono inventati che lascia intravvedere possibilità di eventuali licenziamenti. Saremmo pronti a fare uno sciopero, ma per questi motivi stentiamo a trovare l’unità».
Certo, risanare un’azienda del comune coi metodi del privato, e cioè sulle spalle delle maestranze, con lo spauracchio del ricatto e del licenziamento, non è l’esempio che una istituzione dovrebbe mostrare per l’affermazione del compimento dello Stato di Diritto.