Diventa «su misura» la terapia ormonale nei cicli di fecondazione assistita: il tutto grazie a un nuovo principio attivo, ora disponibile anche in Italia, in grado di stimolare la produzione di ovociti solo nella misura necessaria, abbassando così i rischi di iperstimolazione ovarica e della sindrome ad essa collegata. «Per ogni paziente viene calcolato il dosaggio ormonale effettivamente necessario grazie a un algoritmo specifico, che tiene in considerazione il peso corporeo e l’ormone antimulleriano (Amh) – spiega Antonio La Marca, ginecologo e docente presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Modena e Reggio Emilia – questo approccio personalizzato migliora la compliance e riduce l’apporto ormonale laddove non necessario».
La ricerca clinica internazionale a cui ha partecipato La Marca ha evidenziato che la maggior parte delle donne trattate con il nuovo principio attivo ha avuto una risposta ovarica adeguata, con risultati migliori rispetto alle terapie tradizionali. Nei cicli di fecondazione assistita, la paziente è sottoposta a cure ormonali che favoriscono la produzione di ovociti per aumentare le possibilità di concepimento. Si tratta di terapie avviate con dosaggi standard, che nel corso della terapia vengono adattati in funzione della risposta individuale. La reazione alla stimolazione ovarica, infatti, varia da donna a donna e ci possono essere risposte inattese che si ripercuotono sull’efficacia e sulla sicurezza del trattamento.
Si tratta di una svolta nell’ambito della fecondazione assistita, perché per la prima volta cambia radicalmente la modalità clinica con cui si effettua la stimolazione ovarica: se nei decenni precedenti la variabile principale che guidava il medico nella prescrizione del farmaco era l’età della paziente, oggi dopo diversi studi si è capito che ci sono altre variabili che incidono di più, come ad esempio la riserva ovarica. Due donne con la stessa età possono avere riserve ovariche totalmente diverse, e quindi la terapia deve essere basata su criteri diversi.
«Il primo vantaggio della personalizzazione della cura è sicuramente il rischio ridotto per le pazienti, in particolare di contrarre la sindrome da iper stimolazione ovarica – ha spiegato La Marca – che in passato aveva un’incidenza del 4% mentre oggi questa complicanza può essere quasi del tutto evitata».
Speciale medicina
19 Marzo 2019
Fecondazione, terapia ormonale su misura