“Restiamo a casa ma lottiamo insieme per personalizzazione e appropriatezza cure”. Suona così l’appello lanciato dalla Federazione delle associazioni emofilici (FedEmo), in occasione della XVI Giornata mondiale dell’emofilia, celebrata il 17 aprile, e in un grave momento di emergenza coronavirus. “I pazienti emofilici non sono tutti uguali e non esiste una cura uguale per tutti. Ora più che mai – sottolinea Fedemo – c’è bisogno di cure appropriate e personalizzate perché le difficoltà legate a una patologia preesistente non scompaiono in questo momento di emergenza nazionale, ma anzi rappresentano un’emergenza nell’emergenza. Ribadiamo il principio della non equivalenza terapeutica in emofilia”. La federazione ricorda che, secondo gli ultimi dati dell’Istituto superiore di sanità, in Italia sono 10.627 i pazienti colpiti da malattie emorragiche congenite (Mec). Di questi 4.179 sono affetti da emofilia A e 898 da emofilia B. Gli emofilici A gravi sono in totale 1.850; gli emofilici B gravi 314. Oltre a questi vanno considerati 572 emofilici A e 190 emofilici B affetti da una forma moderata, mentre 1.757 e 394 sono rispettivamente gli emofilici A e B lievi. “Questa distinzione tra forme gravi moderate e lievi è estremamente importante- dichiara Angiola Rocino presidente dell’Associazione italiana centri emofilia (Aice) – poiché sono gli emofilici gravi, ovviamente, a richiedere maggiore assistenza. I centri emofilia presenti in Italia sono 54″. Ma come vivono i pazienti emofilici in questi momenti di grave emergenza sanitaria? “I bisogni dei pazienti emofilici, le loro fragilità – dichiara Cristina Cassone, presidente FedEmo – diventano ancora più evidenti e preoccupanti. La storia recente ci insegna che non bisogna sacrificare la qualità e l’appropriatezza delle cure in funzione dei costi. Una cura inappropriata e non personalizzata è in grado di pregiudicare la qualità di vita del paziente e la gestione degli eventi emorragici con esiti gravi ed irreversibili per il suo futuro”.
Speciale medicina
22 Aprile 2020
"A casa, ma lottiamo per le cure"