Ogni giorno convivono con il dolore cronico benigno 16 milioni di italiani, soprattutto donne: il 25% della popolazione – con picchi del 60% sopra i 65 anni – secondo l’Associazione italiana per lo studio del dolore (Aisd). Una patologia invalidante purtroppo ancora sottovalutata, nonostante riguardi una persona su cinque. Pazienti fragili che non sanno come affrontare il dolore in questo periodo poiché a causa del Covid-19 in tutta Italia sono state sospese molte attività ambulatoriali riabilitative e di ricovero non urgenti. Ma se l’emergenza ha evidenziato la necessità di rafforzare la telemedicina e la cooperazione tra medici non ha, invece, modificato le procedure urgenti per il trattamento del dolore cronico benigno da effettuare anche in piena pandemia. “Tali pratiche – sottolinea Giancarlo Caruso, responsabile clinico Ambulatori Terapia del Dolore Ospedale Bellaria di Bologna (Uoc diretta da Stefania Taddei) – possono andare da una semplice infiltrazione a procedure più importanti, come ad esempio le peridurali e i blocchi ecoguidati. L’esecuzione e la conferma sono sempre in relazione alla valutazione telefonica da parte del medico che segue il paziente. Inoltre, sono considerate urgenze anche la ricarica delle pompe intratecali e il controllo dei dispositivi impiantati”. “Il dolore – afferma Domenico Panuccio, responsabile Reparto medicina interna Casa di Cura Villa Nobili Castiglione dei Pepoli (Bologna) – è oggi considerato il quinto parametro vitale, assieme a pressione arteriosa, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria e temperatura corporea, e come tale deve essere rilevato e registrato più volte al giorno. Più che una procedura d’urgenza si tratta di normale buona pratica clinica”.
Speciale medicina
28 Maggio 2020
Una patologia invalidante sottovalutata che fa i conti con il lockdown
Dolore cronico benigno, terapie ostacolate dalla pandemia