Negli ultimi 5 anni un terzo delle imprese manifatturiere italiane ha fatto investimenti “green”, dal risparmio energetico alle rinnovabili all’innovazione di processo e prodotto. E sono le imprese che esportano di più e creano più occupazione. A ricordare i dati Symbola-Unioncamere della green economy italiana è Ermete Realacci, presidente Fondazione Symbola, in occasione dell’incontro “Green economy, green welfare?” al Meeting di Rimini. Insomma, “la green economy non è il sol dell’avvenire ma già oggi è un punto di forza delle nostre filiere produttive”, sottolinea Realacci.
“L’Italia è di gran lunga la superpotenza dell’economia circolare – continua Realacci – oggi recuperiamo, nei cicli produttivi, il doppio della media delle materie prime rispetto all’Europa, un processo che avviene in tutti i settori e che ci fa risparmiare ogni anno 21 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e 58 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. E questo avviene in tutti i settori, dal legnoarredo alla ceramica alla meccatronica, ovunque l’Italia registra performance più avanzate degli altri Paesi europei”.
Tra i settori in cui siamo i più forti nel mondo? “Quello delle giostre. I bambini di tutto il mondo giocano su giostre italiane che ‘vincono’ perché sono più belle e perché consumano meno energia”. E a proposito di energia, anche qui la trasformazione è in atto ma bisogna cogliere le opportunità.
“Oggi si parla molto di green economy e di economia circolare ma non dobbiamo pensare che siano argomenti semplici la cui soluzione è dietro l’angolo – dice Marco Brun, Ceo Shell Italia – Siamo all’inizio di una delle più gravi crisi del Paese dal secondo dopoguerra ma, come tutte le crisi, rappresenta anche un’opportunità. Il settore energetico avrà un ruolo cruciale nella ripartenza ma la pandemia non deve essere una scusa per rallentare la transizione energetica, anzi: bisogna accelerare”.
Quello che manca, spiega Massimo Bruno, responsabile Sostenibilità e Affari Istituzionali Italia Enel, “è una visione comune di dove vogliamo andare e questo si riflette nella lentezza della burocrazia. Anche il Dl Semplificazioni da poco uscito poteva essere un po’ più ardito, il rischio è che gli obiettivi del Pniec non li raggiungeremo mai. Il Recovery Fund “è una grande opportunità ma bisognerà saper utilizzare questi fondi e io ho qualche dubbio che ci sia un po’ di confusione. Anche qui servirebbe una visione comune per non perdere tempo. Va fatta una grande opera di approfondimento, trovare i veri obiettivi e tagliare quella burocrazia che a volte blocca gli investimenti”.