EDGARDO AZZOPARDI
CIVITAVECCHIA – “La mortalità da Covid-19 fra i diabetici è doppia, così come è doppio il rischio di contrarre il virus nelle forme più gravi, perché le persone con tale patologia, in particolare gli anziani, hanno altre complicanze e condizioni che aggravano lo stato di fragilità. Durante il primo periodo di chiusura totale, per questi pazienti le prestazioni specialistiche e con il proprio medico curante sono state ridotte drasticamente per evitare loro il rischio di contrarre il virus. Risultato? I pazienti hanno abbassato la guardia, mangiato in eccesso e ridotto l’attività motoria. Ma la malattia non va in lockdown, anzi. Il diabete è un fattore di rischio e se il diabete è mal controllato la patologia si aggrava e il rischio è ancora più alto di contrarre il virus nelle forme più gravi. Ecco perché occorre implementare i sistemi offerti dalla telemedicina, un’arma potentissima per curare anche a distanza circa 4 milioni di persone che in Italia convivono con il diabete. Nel 2019 mediamente in un mese venivano effettuate più di 216.000 visite diabetologiche specialistiche ai pazienti affetti da diabete di tipo 2 e che, a causa della pandemia, sono state ridotte del 90%; nel trimestre di lockdown si stima ne siano saltate più di 580.000, di cui 20.000 prime visite. Grazie alla telemedicina, soprattutto nella sua forma di tele-monitoraggio, l’inerzia terapeutica potrebbe essere arginata”. Ne è convinto Antonio Nicolucci, direttore di Coresearch Srl, nonché membro del Centro studi e ricerche dell’Associazione medici diabetologi, alla vigilia di un ciclo di sessioni per diabetologici (in modalità webinar) focalizzati sulla cultura digitale e come essa può migliorare la gestione del diabete, organizzata dalla Digital Diabetes Academy, quest’ultima realizzata da Novo Nordisk in partnership con 24 ore Business School. Nel nostro Paese oltre circa 4 milioni sono le persone con diabete e si stima che un altro milione abbia la malattia senza saperlo.