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    Speciale medicina
    12 Febbraio 2021
    Per contrastare l’antibiotico-resistenza dovuto all’uso prolungati di farmaci
    Prostatite, un aiuto dai probiotici

    È una delle più comuni, e sottovalutate, patologie urologiche, colpisce circa 6 milioni di italiani e si manifesta con disturbi ad urinare o riferiti all’apparato sessuale. Nel corso della vita ne soffre quasi un uomo su due, fra i 18 e i 50 anni: di solito si risolve senza strascichi ma alcune forme croniche possono essere molto fastidiose. È la prostatite, un’infiammazione acuta o cronica della prostata causata nella maggior parte dei casi da batteri intestinali, come Escherichia coli, che giungono alla prostata in seguito alla contaminazione fecale delle vie urinarie inferiori. Questo tipo di contaminazione può essere favorita da rapporti sessuali non protetti. La terapia delle forme acute si basa sull’uso di antibiotici ad ampio spettro perché, vista la gravità dei sintomi (con febbre che può raggiungere i 40° C), bisogna intervenire subito. Ma un uso prolungato e ripetuto di antibiotici, utilizzati per eliminare il batterio che ha causato l’infiammazione, può creare un problema di antibiotico resistenza. Da qui l’idea di alcuni medici di trattare i pazienti con i probiotici, in particolare utilizzando il lattobacillo Casei DG. “La prostatite è una delle più comuni cause di visita dall’urologo – afferma Tommaso Cai, urologo dell’ospedale regionale Santa Chiara di Trento – basti pensare che il 13% delle visite urologiche ha come problematica un soggetto con sintomi che possono essere riferiti alla prostatite, un disturbo che interessa sempre più i giovani in età produttiva”. “Abbiamo riscontrato – conferma Tommaso Cai – un’ottima aderenza alla terapia, un numero di recidive drasticamente ridotto, una diminuzione del numero di antibiotici utilizzato e nessun effetto collaterale. I pazienti dopo questa terapia sono stati meglio e se i pazienti stanno bene vuol dire che non hanno sintomi e sicuramente non faranno ricorso agli antibiotici”, aggiunge Cai secondo il quale è necessario smettere di usare impropriamente gli antibiotici.