CIVITAVECCHIA – C’è ancora la lente di ingrandimento della Procura generale della Corte dei Conti su Molo Vespucci. Sono infatti ben sette gli esposti presentati nei mesi scorsi e, paradossalmente, portano tutti la firma di una stessa persona, quella che per quattro anni ha guidato l’ente: l’ex presidente dell’Adsp Francesco Maria Di Majo.
Già, proprio l’avvocato avrebbe deciso, a cavallo della fine del suo mandato, di rivolgersi alla Corte dei Conti evidenziando della presunte criticità nella gestione, legate in modo particolare alle retribuzioni di alcuni funzionari e dirigenti dell’ente, ma anche, a quanto pare, alle società di servizi di interesse generale, alla gestione finanziaria dell’ente e ad alcuni contenziosi.
Perché però presentare degli esposti a fine mandato senza intervenire prima? Perché, riscontrando lui stesso delle anomalie non ha disposto adeguati correttivi per risolvere i problemi a tempo debito, oppure, essendo lui al vertice dell’amministrazione, avvalendosi del potere sostitutivo nei confronti di chi, dal segretario generale ai dirigenti o ai funzionari, non avesse rispettato le sue direttivi?
Perché, anche nel caso all’origine dell’indagine sulla banchina 25, che ha portato al sequestro del terminal Rct, non è intervenuto per risolvere la questione, come sta facendo ora il suo successore, anziché dichiarare candidamente in una sede ufficiale come il Comitato di Gestione che la situazione era diventata irregolare, dandosi un termine poi non rispettato per affrontarla?
Domande che risuonano nei corridoi di Molo Vespucci, alle quali anche l’attuale presidente Pino Musolino non trova risposta. «È inconcepibile – ha tuonato – che chi è stato causa della gran parte dei problemi ereditati oggi rischia di crearne altri nel momento in cui, parlando ad esempio degli stipendi del personale, si era intrapresa una strada di concerto con dipendenti e sindacati, per intervenire gradualmente, nel rispetto di tutti. Inchieste del genere finiscono per entrare invece inevitabilmente a gamba tesa in questo processo». E Musolino si dice amareggiato. «Sono arrivato in un ente con il bilancio bocciato non certo per mia volontà o responsabilità – ha sottolineato – trovando calcinacci e falle da riparare. Mi sono messo subito al lavoro, con ottimismo, proprio per procedere spedito con un’opera, non certo facile, di risanamento di questa Adsp. E subito ho cercato un’intesa con le parti sociali e con i dipendenti, consapevole già dei precedenti interventi, per intervenire gradualmente sulla spesa del personale. Mai mi sarei aspettato che chi ha diretto l’ente per quattro anni poi arrivasse a questo punto, senza alcuna iniziativa correttiva durante lo stesso mandato».