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    Cronaca, Energia e ambiente
    16 Aprile 2021
    Inceneritore, i comitati chiedono l’archiviazione del procedimento autorizzativo
    Inoltrata la richiesta alla Regione: «Non deve esistere alcuna ombra sulle autorizzazioni a progetti che se approvati sarebbero negativi per il territorio»

    TARQUINIA – Chiedono l’archiviazione del procedimento autorizzativo relativo alla realizzazione di un mega inceneritore nel territorio di Tarquinia perché, “dopo il caso della dirigente dell’area Rifiuti sottoposta a provvedimenti giudiziari severi, non deve esistere alcuna ombra sulle autorizzazioni a progetti che, qualora venissero approvati, impatteranno in modo negativo, e per sempre, sui territori su cui verranno insediati. Ogni principio di precauzione, in questo senso, deve essere adottato”.

    A promuovere l’azione, con tanto di petizione, sono i comitati ambientalisti del territorio (Italia Nostra onlus sezione Etruria, associazione Forum Ambientalista Odv, Lipu Birdlife, Comitato per il diritto alla mobilità di Tarquinia, Comitato 100% Farnesiana e Comitato per la difesa della valle del Mignone). “La salute prima di tutto”, affermano i comitati che chiedono alla Regione Lazio e all’assessore Massimiliano Valeriani di ritirare il progetto del mega inceneritore che la A2A Ambiente spa vorrebbe realizzare a Tarquinia.

    Un mega impianto che dovrebbe estendersi su una superficie di 433.478 mq., «con la costruzione di 866.956 metri cubi di volumi impiantistici di cui una ciminiera alta 70 mt., con 2 forni con una potenza complessiva di 200 Mwt che bruceranno 62 T/ora per un totale di 540.000 Ton/anno di rifiuti speciali non pericolosi; produrrà 122.000 tonnellate/anno di ceneri pesanti e 40.000 tonnellate/anno di ceneri leggere di risulta dalla combustione, con un traffico di 32.698 camion per il trasporto dei rifiuti e circa 90 camion al giorno».

    «I rifiuti non si bruciano, si riciclano – spiegano i comitati – Chiediamo quindi l’archiviazione dell’istanza di Valutazione di Impatto Ambientale presentata dalla società A2A Ambiente spa».

    La procedura di Via è stata avviata il 16/10/2019 dalla Regione Lazio. Gli enti locali, le associazioni ambientaliste, i comitati e i singoli cittadini hanno contribuito alla valutazione del progetto, pubblicando osservazioni che hanno evidenziato gravi criticità procedurali e tutti i drammatici rischi che la realizzazione di un impianto del genere causerebbe al territorio, già caratterizzato da un elevato livello di stress ambientale e sanitario. Il 10/07/2020, a seguito della prima seduta della conferenza dei servizi tenutasi il 30/06/2020, la società proponente ha chiesto di poter dare riscontro alle osservazioni delle associazioni e comitati presenti e alle note delle amministrazioni e dei diversi soggetti coinvolti, nonché a quanto emerso durante la conferenza dei servizi relativa al progetto, chiedendo per tale scopo un termine di 180 giorni.

    «La Regione Lazio – ricordano i comitati – nonostante l’irritualità della richiesta, con nota del 24/07/2020 a firma del direttore Flaminia Tosini ha concesso tale lunghissimo termine alla A2A Ambiente, non supportando, tuttavia, tale assenso con alcuna norma di riferimento: centottanta giorni, in deroga ai termini perentori per le conferenze di servizi e per gli stessi procedimenti di Valutazione d’Impatto Ambientale, per rispondere “agli aspetti attinenti alle criticità ambientali rappresentate nelle osservazioni nonché tutti gli aspetti connessi alla formulazione dei pareri e al rilascio dei titoli abilitativi da acquisire nel presente procedimento di Via-Paur”. La società, in data 18/12/2020, ha quindi presentato le proprie controdeduzioni, senza però fornire risposte convincenti alle criticità sollevate sul tema ambientale, su quello sanitario, sulla mancata conformità al Prgr, sulla componente naturalistica, sulla mancata valutazione degli impatti cumulativi. Nonostante la L.R. n° 27 del 09/07/1998 Disciplina regionale della gestione dei rifiuti. Art.15 c.1 bis stabilisca che “è vietata, qualora non sia espressamente prevista dal vigente Piano Regionale di Gestione dei rifiuti, l’installazione di nuovi impianti di incenerimento e coincenerimento di rifiuti o che utilizzino combustibili derivanti da rifiuti” e il Piano per la Gestione dei Rifiuti – sia nella redazione approvata con Delibera di Consiglio Regionale n.14 del 18 gennaio 2012, vigente nel periodo di svolgimento della CdS, sia nella proposta di Piano adottata dalla Giunta Regionale con Deliberazione di Giunta Regionale n.592 del 2/08/2019 (successivamente approvata con Delibera di Consiglio Regionale n. 4 del 5 agosto 2020) alla quale si deve comunque fare riferimento nella procedura in corso – non preveda la realizzazione di nuovi impianti di incenerimento, A2A continua a presentare il progetto dell’impianto come unica soluzione allo smaltimento dei rifiuti».

    «Chiediamo alle istituzioni di far rispettare il proprio ruolo di governo del territorio, facendo rispettare quanto stabilito nella normativa regionale vigente – aggiungono i comitati – Un nuovo inceneritore causerebbe un ulteriore peggioramento della qualità dell’aria che respiriamo, un forte impatto sugli aspetti naturalistici e paesaggistici, contribuirebbe ad aumentare il numero di fattori inquinanti e dannosi ad un territorio già gravato dalle servitù energetiche di Tvn a carbone, di Tvs a turbogas ed infrastrutturali come il porto di Civitavecchia. Bruciare i rifiuti è una follia: aumenta il riscaldamento globale e non risolve il problema dello smaltimento, anzi lo moltiplica creando rifiuti più pericolosi e gas velenosi che respireremo. La soluzione indicata dal Piano regionale è l’unica possibile: ovvero potenziare in modo rigoroso la raccolta differenziata attraverso sistemi efficaci come la raccolta porta a porta, il compostaggio domestico, la riduzione a monte di rifiuti e il sistema di tariffazione puntuale. La via maestra è quella delle 3R: Ridurre, Riusare, Riciclare. Non possiamo accettare che i cittadini di Tarquinia, Civitavecchia e dell’intero Lazio, dopo decenni di “lecito inquinamento” derivante dal polo energetico Civitavecchia-Montalto, debbano subire anche la realizzazione di un impianto di “valorizzazione energetica” di rifiuti non pericolosi, che si ricorda essere classificato come Industria “insalubre di prima classe” (art. 216 del testo unico delle Leggi sanitarie – G.U.n.220 del 20/09/1994); nessuno può ignorare questo pericolo e accettare che le comunità dell’Alto Lazio continuino ad essere sfruttato per scopi puramente lucrativi e mai sostenibili»