CIVITAVECCHIA – “Cosa aspetta Enel a imitare Tirreno Power e abbandonare definitivamente il progetto di riconversione che l’intero territorio non vuole?”. Se lo chiede Città Futura facendo riferimento alle ultime notizie sul futuro energetico.
“John Kerry, ex segretario di stato americano, da sempre impegnato per la difesa dell’ambiente, attualmente è inviato speciale del presidente Biden per il clima – hanno spiegato – nella prima tappa del suo viaggio in Europa per spiegare i nuovi obiettivi americani sulla lotta ai cambiamenti climatici, ha incontrato Draghi e il gotha della politica italiane e dell’industria, nonché Papa Francesco: ha parlato dell’urgenza della crisi climatica e delle opportunità economiche che ne scaturirebbero se la affrontiamo, ma soprattutto ha ammonito l’Italia a non affidarsi al gas naturale, sostenendo la necessità di passare rapidamente a un’economia basata sulle energie pulite e non più dipendente da combustibili fossili di qualsiasi natura. Il Consiglio di amministrazione di Tirreno Power ha dichiarato di non procedere nei progetti di costruzione di nuovi gruppi alimentati a Vado Ligure e a Civitavecchia, causa insostenibilità delle lungaggini burocratiche per le autorizzazioni (almeno questa è la motivazione ufficiale). I due fatti potrebbero essere collegati? Lo speriamo, ma sicuramente, al di là dei possibili tatticismi, sono entrambe buone notizie”.
La cattiva notizia, invece, è contenuta nel Pnrr italiano. “Con riferimento alla transizione energetica, nelle schede del documento non viene nemmeno recepita la richiesta europea di ridurre di un taglio minimo del 7,6% ogni anno le emissioni di CO2 da qui al 2030 – hanno aggiunto – questo rivela le forti e decisive pressioni che le multinazionali casalinghe del gas, seppur partecipate dallo Stato, sono in grado di esercitare; in Europa le lobby sembra abbiano qualche difficoltà in più: premono forte sulla commissione UE per inserire il gas nella tassonomia verde e, quindi, non escluderlo dai finanziamenti agevolati, ma fortunatamente, finora, senza successo.Intanto la classe politica italiana, vuoi per le pressioni dei gruppi di interesse, vuoi per leggerezza o per scarsa percezione del problema, continua a sottovalutare l’argomento: eppure ormai a livello mondiale, non solo negli Stati Uniti, si moltiplicano gli appelli volti a impedire l’uso dei fossili in energia. Anche l’Onu ha dichiarato guerra alle emissioni di metano in quanto, al pari dell’anidride carbonica, è appurato come anch’esso abbia un ruolo fondamentale nel riscaldamento globale. È di ieri la pubblicazione del rapporto “Net zero by 2050” dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), dove si dichiara che occorre più che raddoppiare gli investimenti in energie rinnovabili con positive ricadute economiche e occupazionali e che bisogna azzerare da subito qualsiasi investimento su petrolio, gas e carbone. Il nostro Pnrr deve essere cambiato, ormai sono tutti concordi – hanno ribadito da Città futura – occorre però uno scatto in avanti coraggioso, come ha fatto la Germania nei giorni scorsi, spiazzando perfino lo stesso John Kerry: riduzione dei gas nocivi del 65% entro il 2030 anziché del 55%, zero emissioni nel 2045 anziché nel 2050 e tassazione dei prodotti inquinanti. Tutti i Paesi sviluppati fanno a gara nel rivedere al rialzo i loro obiettivi nella lotta ai cambiamenti climatici, avendo compreso come, oltre alla tutela dell’ambiente, questo rappresenti anche una nuova opportunità di rilancio economico; solo l’Italia è ferma al capacity market. Ormai è chiaro cosa bisogna fare per contribuire alla salvezza del pianeta, basta cambiare il Pnrr copiando gli altri, modificarne gli obiettivi e mettere in atto le azioni conseguenti: abolizione dei sussidi a fondo perduto alle multinazionali dell’energia, con contestuale spostamento delle risorse sugli investimenti green; ciò costringerebbe, di fatto, le lobby partecipate dallo Stato (in possesso di competenza e mezzi, visto che lo fanno all’estero) a cambiare le loro politiche energetiche assistenzialiste verso una direzione in sintonia con gli obiettivi virtuosi europei e mondiali per la lotta ai cambiamenti climatici. Enel su tutte dovrebbe candidarsi capofila di questo nuovo modello. Tassare le emissioni inquinanti e ascoltare i territori – hanno concluso – mettendo l’elemento “partecipazione” fra gli strumenti essenziali alla costruzione di un processo ormai irrimandabile e irreversibile, che per riuscire richiede il coinvolgimento più ampio possibile”.