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    Economia e Lavoro, Energia e ambiente, Porto
    2 Novembre 2021
    No al fossile e Friday for future sostengono i lavoratori Minosse: ”Giù le mani dai posti di lavoro”

    CIVITAVECCHIA – “Il grido d’allarme che arriva in questi giorni dal molo carbonifero di Civitavecchia non va letto soltanto come il classico comunicato che i rappresentanti di una specifica categoria scrivono per sostenere la loro vertenza, ma rappresenta molto bene la lucidità e la professionalità di chi non si limita soltanto a subire le contraddizioni di una transizione ecologica sbagliata e calata dall’alto, ma studia soluzioni, fa proposte e si mette in gioco in prima persona”. Inizia così la lettera che il collettivo No al Fossile Civitavecchia e Friday for future hanno scritto ai lavoratori di Minosse.

    “C’è un passaggio assolutamente centrale e ricorrente nel ragionamento dei lavoratori di Minosse – si legge – di fronte al colpo di penna biro che andrebbe a cancellare la storia professionale e la fonte di reddito di decine di lavoratori civitavecchiesi non c’è stata una reazione a caldo con la quale si chiede una generica solidarietà ai concittadini o ci si arrocca nel fortino del vittimismo piagnone, ma si parla di formazione delle maestranze, disponibilità ad intraprendere percorsi di specializzazione in linea con i mutamenti della filiera industriale che l’emergenza climatica imporrebbe ai governi di tutto il mondo e di voglia di mettere a disposizione della giusta transizione quel bagaglio di esperienze che solo chi ha vissuto tanti anni in certe condizioni può avere sulle sue spalle e nel suo curriculum.  Per molti di noi, abituati a lottare contro l’inquinamento e i cambiamenti climatici, queste parole rappresentano un punto di vista imprescindibile. Nessuna battaglia per il clima e per l’ambiente può infatti trascurare la questione occupazionale. Nessun ragionamento sulla transizione ecologica può essere condivisibile se lascia indietro lavoratori e lavoratrici, comunità e territori. In questo senso, pensare che i bilanci di una multinazionale siano l’unica cosa da salvaguardare attraverso l’azione governativa non è solo profondamente ingiusto, ma è anche il modo peggiore di gestire una fase storica che per la nostra città e per il nostro Paese è di fatto un’occasione irripetibile, almeno per i prossimi decenni.  Oggi, con i miliardi del Recovery Fund e con una gestione trasparente e lungimirante del PNRR, Civitavecchia potrebbe formare i suoi lavoratori, liberare spazi per la logistica portuale, bonificare le aree inquinanti dismesse e inaugurare finalmente un distretto industriale ad emissione zero capace non solo di riassorbire gli attuali occupati, ma addirittura di generare nuova buona occupazione. Tutto questo potrebbe realizzarsi giá nei prossimi anni e con ottimi risultati anche sul breve periodo se solo la si smettesse, una volta per tutte, di piegare l’azione politica istituzionale agli interessi privati dei grandi gruppi economici.  Nelle parole dei lavoratori Minosse non c’è però soltanto capacità di analizzare e di fare proposte, ma emerge, in tutta la sua potenza emotiva, la volontà di connettersi al resto del tessuto sociale della città. Sappiamo bene che la crisi occupazionale di Civitavecchia sembra da anni un mostro invincibile e sappiamo anche che turni di lavoro assurdi, pendolarismo e precarietà sono spesso condizioni quotidiane che tengono migliaia di lavoratori costantemente divisi tra loro.  Di fronte a questi ostacoli però non si può più rimanere immobili, guardinghi e rassegnati. Proprio per questo va raccolto immediatamente l’invito che arriva dal molo carbonifero e, come già sperimentato dalla straordinaria esperienza dei lavoratori della GKN di Firenze, inaugurare subito una nuova stagione di lotta e di proposta.  Il futuro che vivremo nei prossimi anni dipende solo ed esclusivamente dalle azioni del presente e se le azioni di Enel spingono oggi soltanto verso la costruzione di una nuova turbogas che come ormai sanno tutti acuirebbe drammaticamente la crisi sociale del nostro comprensorio, la risposta che siamo chiamati a dare, non soltanto come forze sociali e politiche cittadine, ma come comunità di persone, è quella di ritrovarci, stringerci e rimanere coesi.  I lavoratori di Minosse sono figli della nostra città. La loro lotta è la nostra lotta.  Non c’è giustizia climatica senza giustizia sociale. Giù le mani dai posti di lavoro!  Giù le mani da Civitavecchia”.