(Adnkronos) – “Quando parliamo della vaccinazione dell’anziano, parliamo della triade maledetta: influenza, pneumococco e zoster. La percezione del rischio di colui che dovrebbe vaccinarsi è bassa e la scarsa conoscenza fa sì che si tenda a non vaccinarsi. I medici di medicina generale dovrebbero forse fare una proposta più aggressiva, ma gli specialisti credo pensino poco alle vaccinazioni. Non è un’accusa, ma credo ci sia una poca cultura vaccinologica diffusa. Si pensa ad assistere e trattare il malato per quella patologia e non si pensa a raccomandare la vaccinazione. Bisognerebbe aiutare i medici per far questa scelta”. Così Giovanni Rezza, direttore generale Prevenzione sanitaria del ministero della Salute, intervenendo alla tavola rotonda ‘Strategie, modelli e strumenti per una maggiore diffusione della vaccinazione dell’adulto anziano’, all’interno della settima edizione della due giorni – il 19 e 20 luglio a Roma e online – che Italia Longeva, di concerto con il ministero della Salute, dedica annualmente alla Long-term care.
Entrando nel merito della copertura vaccinale per le tre principali patologie da prevenire negli over 65, “su cui non abbiamo dati certi”, continua Rezza, riferendosi ai problemi dell’Anagrafe vaccinale nazionale, “l’influenza l’anno scorso ha avuto una battuta d’arresto, al 60%. L’attenzione era per l’anti-Covid – sottolinea – quindi, anche potendo vaccinare insieme Covid e influenza, ciò non è avvenuto o è avvenuto molto raramente. Sono state due stagioni a bassa intensità, anche perché mascherine e distanziamento sociale sono ostacoli che, per un virus influenzale che arriva da fuori, determinano una bassa incidenza che non ha aiutato la vaccinazione. Per lo pneumococco le cose vanno un po’ meglio, ma non bene per l’Herpes zoster”.
Sulla questione della non adeguata informazione sul valore del vaccino e sulle complicanze delle patologie che previene, Raffaele Antonelli Incalzi, professore ordinario di Medicina interna, Università Campus BioMedico di Roma, ricorda che “prevenire una polmonite pneumococcica o l’influenza significa ridurre il rischio di infarto e ictus, che aumenta nei giorni successivi alla guarigione dall’influenza. Lo zoster, noto come fuoco di Sant’Antonio, aumenta il rischio di trombosi cerebrale. Il vaccino previene anche componenti non infettive”. In particolare, “il vaccino anti-zoster – prosegue lo specialista – previene l’ictus tra i 65 e i 69 anni per un mix tra risposta anticorpale e profilo di rischio. Così l’antinfluenzale riduce il rischio cardio e cerebrovascolare e il rischio di ricovero di pazienti con Bpco”, broncopneumopatia cronica ostruttiva, “per i quali ogni ricovero è un gradino di discesa verso la disabilità. Ancora più per i diabetici in cui l’antinfluenzale ha effetti benefici”.
Mentre si martella sull’importanza del “controllo dell’ipercolesterolemia”, non si ricorda in modo altrettanto efficace quanto “il vaccino realmente protegga”, osserva Antonelli Incalzi, evidenziando che “manca inoltre l’informazione sul fatto che gli strumenti vaccinali sono molto più potenti ed elastici. L’antinfluenzale ad alto dosaggio – precisa – è efficace in pazienti molto fragili, l’anti-zoster può essere usato anche in pazienti immunocompromessi. C’è un difetto di cultura vaccinale”. Per questo l’esperto invita a “uno sforzo complessivo sia nel corso di laurea che nelle professioni sanitarie, perché il vaccino abbia il posto che merita e che al momento non ha”.
Sull’Anagrafe vaccinale nazionale (Avn) e le criticità nel flusso di dati, Andrea Siddu, della direzione generale Prevenzione sanitaria del ministero della Salute, intervenendo alla tavola rotonda di Italia Longeva ricorda che “l’Avn, istituita dal ministro Lorenzin e disponibile dal primo trimestre 2019 per valutare le coperture in funzioni del calendario vaccinale vigente, non permette di calcolare le coperture vaccinali nazionali, che vengono pubblicate ogni anno dal ministero della Salute su autodichiarazione da parte delle Regioni, ma l’obiettivo è di sistemare le criticità entro la fine del prossimo anno. Sono già state inserite le categorie a rischio per l’antinfluenzale, e dovremo implementarle anche in base al prossimo Piano nazionale di prevenzione che avrà un calendario che potrà essere aggiornato di anno in anno per calcolare le coperture”.
L’obiettivo è approfondire “la questione delle categorie di pazienti a rischio” e mettere a punto possibili “modelli organizzativi e raccomandazioni specifiche di vaccini per particolari patologie e stimolare anche l’inclusione delle vaccinazioni nei Pdta”, cioè nei percorsi di cura, “cosa che richiede analisi e studio”, conclude Siddu.