logo
    Politica
    1 Settembre 2022
    Mazzoli e Panunzi, l’accoppiata Pd cronaca di un fallimento annunciato

    di Simona Tenentini

    VITERBO – Si avvicina la data delle elezioni e ovunque si iniziano a stilare le prime previsioni di voto.

    Il bilancio per il Pd nella Tuscia è, a dir poco, fallimentare.

    Dopo i tanti proclami di attenzione per il territorio, di vicinanza alla provincia, di sensibilità verso gli annosi problemi che da sempre penalizzano quest’area, i vertici del partito esprimono, nelle due candidature proposte, tutta l’inconsistenza di affermazioni cantilenanti che vanno sciorinando in ogni consesso, pubblico e privato.

    I due “colossi”, di nome e di fatto,  schierati dalla sinistra sono Enrico Panunzi e Alessandro Mazzoli.

    Il primo, rientrato fortunosamente dopo lo scandalo De Angelis  al terzo posto nel listino proporzionale della Camera a Roma, dietro a Carlo Mancini e Caterina Cerroni, è quasi matematicamente ineleggibile.

    Per poter avere infatti un posto in Parlamento dovrebbe sperare che Mancini venga eletto nel collegio uninominale di Roma Monteverde, in cui è candidato ma non è sicuro di vincere, e che la Cerroni venga eletta in Molise, dove il centrodestra vanta numeri fortissimi.

    Ergo, candidatura di Panunzi, inservibile per la Tuscia.

    Dello stesso spessore, quello di una velina, è quella di Alessandro Mazzoli al Senato nel collegio uninominale Lazio 1.

    L’ex enfant prodige, dopo una fulminea ascesa prima come presidente della Provincia dal 2005 al 2010 e poi come deputato nella legislatura 2013-2018, era momentaneamente scomparso dalla scena politica nostrana.

    Ora è stato “scongelato” in occasione delle prossime elezioni, tirato fuori dal cilindro di un Pd allo sbando ed ha creato non poche tensioni all’interno del suo stesso partito, con una candidatura fortemente contestata.

    Ultimamente, per recuperare il tempo perso, si sposta rapidamente da un comune all’altro della provincia, intervenendo a tutto campo dal tema distretto industriale di Civita Castellana fino all’eolico off-shore di Civitavecchia, definito:“Un territorio molto vasto e ricco di storia, di cultura, di vitalità imprenditoriale e di straordinarie eccellenze su cui è necessario investire per costruire crescita e occupazione”.

    Ora la domanda verrebbe spontanea: con dieci anni al governo di Zingaretti perchè tutto ciò non è stato fatto?

    La risposta sta nel bene infinito che prova il Pd per la Tuscia, tanto da regalarle due candidature perdenti in partenza.