(Adnkronos) – Contro il dolore cronico “la sfida quotidiana si basa su due pilastri terapeutici e cioè le terapie farmacologiche (compresse o farmaci da iniettare) e gli impianti di dispositivi medici finalizzati alla stimolazione delle terminazioni nervose. Rispetto alle prime, più accessibili e di più facile somministrazione, i pazienti possono però sviluppare farmacoresistenza e, quindi, risultare inefficaci nel contrastare il dolore, oppure generare effetti collaterali molto invalidanti. I device impiantabili, attualmente una delle soluzioni più innovative della scienza medica, comportano procedure minimamente invasive e sono altamente risolutivi”. Così Pietro Vassetti, direttore dell’Uosd – Hub di Terapia del dolore dell’Ospedale San Giuliano in Giugliano, Asl Napoli 2 Nord, uno dei centri di eccellenza nazionali.
“Non ci sono soluzioni intermedie – continua l’esperto – Il dolore cronico è una malattia che può colpire chiunque, in qualsiasi parte del corpo, con implicazioni pesantissime sul piano personale e sociale e che non deve essere trascurato. Non va sopportato, ma va affrontato e curato ricorrendo a tutte le terapie che la scienza mette oggi a disposizione”. In Europa sono più di 100 milioni le persone che soffrono di dolore cronico, spesso per anni: un esercito sofferente che cerca sollievo ricorrendo a terapie farmacologiche, trattamenti manuali, soluzioni specialistiche, interventi chirurgici. Sono pazienti che soffrono anche di più patologie contemporaneamente, spesso inascoltati e sottovalutai dagli stessi medici, con una sostanziale banalizzazione dei problemi. Si stima, infatti, che molti pazienti attendano fino a 10 anni prima di ricevere cure adeguate
In termini clinici, il dolore cronico è un dolore costante, che dura più di tre mesi e che può avere effetti devastanti nella vita quotidiana, compromettendo attività lavorative, relazioni interpersonali, mobilità. Basti ricordare che, solo in Italia, questo universo è costituito da oltre 13 milioni di pazienti di varia età, con il 56% rappresentato da donne che, spesso, soffrono di più patologie con una forte incidenza di fibromialgia, vulvodinia, emicrania e per questo, non hanno mai sollevato da terra il proprio bambino, accavallato le gambe oppure vivono in penombra, per resistere al mal di testa.
Contro il dolore cronico, “le tecnologie di neurostimolazione midollare sono risolutive e molto gradite ai pazienti perché consentono, anche migliorando la mobilità, di riprendere molte attività lavorative, una buona qualità di vita e un buon reinserimento nel sistema sociale”, sottolinea Vassetti. I piccoli neurostimolatori midollari vengono inseriti nel midollo spinale. Analogamente a quanto fanno i dispositivi cardiaci, attraverso un sottilissimo catetere erogano stimolazioni elettriche interne, funzionando come veri e propri ‘neuropacemaker’”.
L’Hub di Terapia del dolore di Giugliano è tra i primi in Italia per l’erogazione di particolari terapie di neurostimolazione che combinano gli ultimi nati in termini di “forme d’onda elettrica” per massimizzare i risultati e personalizzarli sul paziente. Le innovazioni tecnologiche e l’accelerazione impressa dall’Hub di Giugliano (oltre 90 gli impianti di neurostimolazione effettuati annualmente) hanno contribuito ad orientare verso il Centro del Sud molti pazienti provenienti da altre regioni italiane.
“Nel nostro Paese – dice Vassetti – manca, purtroppo, una vera e propria cultura della terapia del dolore. Ma, è bene non dimenticarlo, il dolore cronico compromette la vita di 13 milioni di persone e deve essere affrontato a 360 gradi, come il diabete, l’ipertensione, le patologie cardiovascolari, non limitandosi alla soluzione dei problemi fisici ma sostenendo il paziente anche in termini psicologici, relazionali, sociali. È un impegno che non può essere procrastinato, che la scienza e i medici devono assumersi nei confronti di milioni di pazienti, guardando a una sanità più accessibile, moderna e responsabile”, conclude lo specialista.