VITERBO – “Il rialzo dei tassi di 25 punti da parte della BCE, che probabilmente avrà un nuovo ulteriore aumento a fine mese, nonostante la normalizzazione della politica monetaria pone il nostro Paese di fronte ad un raffreddamento della congiuntura. E’ necessario che si cambi subito impostazione, quella del rialzo è una politica senza visione che porterà solo alla stagnazione a alla recessione”. Lo afferma Andrea De Simone, segretario provinciale di Confartigianato Imprese di Viterbo, analizzando i dati statistici forniti dall’Istat e dall’Ufficio Studi della Confederazione. In un quadro europeo caratterizzato da una ancora elevata inflazione, infatti, prosegue il rialzo dei tassi interesse da parte della Banca centrale europea, con effetti nefasti sull’economia e sui bilanci aziendali che si fanno sempre più evidenti, nonostante alcuni segnali di resilienza manifestati dalle imprese italiane. “Il rialzo dei tassi porta alla contrazione dei consumi per chi vive con almeno due entrate – continua De Simone -, mentre per chi ne ha una sola l’effetto reale è che si fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. In questo modo si spingono i paesi in recessione, vista la perdita del potere di acquisto delle famiglie. In dodici mesi i tassi ufficiali sono stati rialzati otto volte, per complessivi 400 punti base: la conseguenza è che nei primi cinque mesi del 2023 il volume delle vendite al dettaglio è calato del 3,7% su base annua. Sulla manifattura, nei primi cinque mesi del 2023 sta pesando un calo tendenziale dell’export del 3,2% mentre la produzione cede del 2,4%”. L’analisi dei dati pubblicati ieri dall’Istat delinea, poi, per le costruzioni una fase “post Superbonus”: nei primi cinque mesi del 2023 si osserva un calo della produzione del 2,8%, mentre il caro tassi colpisce il mercato immobiliare, con le transazioni che nel primo trimestre del 2023 registrano una caduta tendenziale dell’8,3%. Nonostante questi segni di cedimento, l’economia nel suo complesso tiene, grazie anche alle politiche governative: il PIL nel primo trimestre dell’anno sale dell’1,9% su base annua, sostenuto da investimenti; in salita del 3,3% su base annua, anche occupazione (che a maggio registra un più 1,7%), e presenze turistiche (che nei primi quattro mesi dell’anno registrano un aumento del 26,8%). Ma non basta, perché la stretta monetaria sta spingendo in alto il costo del credito. “A maggio 2023 i tassi sui prestiti alle imprese sono saliti al 4,81%, con un aumento di 362 punti base su base annua – svela De Simone -. Un livello così alto del costo del credito non si registrava dalla Grande Crisi del novembre 2008”. Nel confronto internazionale, in Italia si registrano tassi di interesse per le imprese più elevati tra i maggiori paesi Ue, conseguenza di un aumento più marcato negli ultimi dodici mesi. A fronte del tasso medio del 4,81% in Italia, l’Eurozona segna un 4,56%; nel dettaglio la Germania segna un 4,65%, la Spagna il 4,49% e la Francia un 4,28%. La crescita dei tassi in Italia è molto più ampia, con un aumento di +362 punti base in dodici mesi a fronte del +311 punti base dell’Eurozona. Negli altri paesi il caro tassi è più contenuto: +316 punti base in Germania, +312 punti base in Spagna e +286 punti base in Francia. Il maggiore costo del credito determina effetti rilevanti sui bilanci delle imprese: in Italia si stima un maggiore costo su base annua sul credito erogato alle MPI di 6.749 milioni di euro. L’analisi per regione evidenzia il più elevato impatto della stretta monetaria in Lombardia con 1587 milioni di euro di maggiore costo per le MPI, seguita da Veneto con 715 milioni, Emilia-Romagna con 665 milioni, Lazio con 541 milioni, Piemonte con 509 milioni, Toscana con 507 milioni, Campania con 359 milioni, Trentino-Alto Adige con 350 milioni, Puglia con 280 milioni, Sicilia con 261 milioni e Marche con 173 milioni.
Economia e Lavoro
19 Luglio 2023
Confartigianato – De Simone: “Il continuo rialzo dei tassi porta l’Italia in recessione”