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    Economia e Lavoro
    23 Dicembre 2023
    Mes, il gran rifiuto che restituisce dignità all’Italia

    di Marco Gubetti

     

    ROMA – Con la bocciatura della riforma del Mes, l’Italia, probabilmente per la prima volta dai tempi del governo Berlusconi IV, batte un colpo in Europa e ricorda a tutti (anche a se stessa) di essere un grande Paese. Giovedì scorso la Camera ha opportunamente votato contro la ratifica del nuovo Meccanismo di stabilità che avrebbe rischiato di far pagare ai cittadini italiani il sempre più probabile crack di diverse banche tedesche (e non solo). Una socializzazione delle perdite che né a Berlino, né in altre capitali europee qualcuno pensò di istituzionalizzare quando, negli anni scorsi, a essere in difficoltà furono le banche italiane, da Monte dei Paschi a Carige (solo per citare i casi che più fecero notizia). Anzi. Fu applicato senza sconti il bail-in, con i correntisti che persero gran parte del loro denaro. Adesso qualsiasi cosa succeda agli istituti di credito teutonici, gli italiani non dovranno preoccuparsi: grazie alla bocciatura del Mes dell’altro giorno non sarà più un loro problema.

    Non tutti hanno capito la portata del pericolo scampato. Un’approvazione della riforma del meccanismo avrebbe portato a una ulteriore, esiziale cessione di sovranità, quanto meno sotto il profilo economico. Cessione – si badi bene ‒ che non sarebbe stata appannaggio dell’Unione europea, ma a favore di un istituto privato supertecnico che si sarebbe elevato al di sopra della stessa Commissione, diventando una sorta di agenzia di rating, in grado di decidere le sorti economiche di un paese membro con un semplice tratto di penna e non essendo, oltretutto, contestabile in nessuna sede. Infatti, fra le varie regole del nuovo Mes c’era anche quella che prevedeva per tutti i membri del board dell’istituto l’esenzione da qualsiasi giurisdizione, ovvero una superimmunità a livello internazionale.

    Di più. Nella sua nuova versione del trattato era scritto chiaramente che fra i vari interventi che il Mes avrebbe potuto effettuare in caso di necessità ci sarebbe stato anche il taglio del valore dei titoli di Stato in mano ai risparmiatori, che da un momento all’altro si sarebbero potuti ritrovare con in mano carta straccia. Semplicemente falso, poi, l’argomento (usato a sproposito anche da chi avrebbe dovuto avere contezza dei termini della questione) secondo il quale il nuovo Mes si sarebbe potuto ratificare ma poi non utilizzare. Questo è (in parte) vero per il meccanismo nell’attuale versione salva-Stati, ma la versione riformata, quella salva-banche, funziona in automatico. E così se un banca tedesca, francese o di qualsiasi altro Paese fallisse e quel Paese chiedesse di accedere ai fondi del Mes per salvare il suo istituto di credito tutti gli Stati sarebbero chiamati a pagare lo sforzo economico necessario (miliardi e miliardi di euro) senza alcuna possibilità di scelta.

    Il pericolo del nuovo Meccanismo europeo al momento è stato neutralizzato. Per sei mesi le Camere non potranno più occuparsene. Alla fine di giugno, a elezioni europee celebrate e con un nuovo equilibrio politico all’interno dell’Unione, se qualcuno volesse riproporre la riforma del Mes dovrebbe far partire da zero l’iter re-incardinando il provvedimento di approvazione in commissione in uno dei due rami del Parlamento e poi, con tanta pazienza, aspettare che attraverso tutti i passaggi procedurali sia la Camera, sia il Senato diano disco verde. Vediamo se qualcuno avrà il coraggio politico di affrontare quella che sembra la più classica delle fatiche di Sisifo, dal momento che l’esito di un eventuale nuovo voto in Aula avrebbe buone probabilità di essere esattamente lo stesso di giovedì scorso. Staremo a vedere. Per il momento, oltre a tirare un liberatorio sospiro di sollievo, si può essere orgogliosi per la postura finalmente eretta che l’Italia ha deciso di tenere in Europa.