Ancora una violenza di gruppo, qualche sera fa, il 30 gennaio, nel buio di Villa Bellini, a Catania, nel parco cittadino a due passi dalla centralissima via Etnea, dove una giovanissima di 13 anni è stata costretta a subire una violenza sessuale di gruppo, mentre il ragazzo era poco distante e trattenuto. In sette si sono avvicinati alla giovane che stava passeggiando con il fidanzatino 17enne costringendoli ad entrare nei bagni pubblici. Un vero e proprio incubo per la coppia che una volta liberi hanno denunciato l’accaduto. Nel giro di un giorno i carabinieri sono risaliti agli autori dell’orrore che sono stati fermati: sette egiziani, tra i 15 e i 19 anni, e sembra che cinque si siano limitati a guardare e a bloccare il ragazzo, mentre due minorenni abusavano della fidanzata.
La criminologa Tonia Bardellino, docente di sociologia della devianza e della criminalità all’università Ecampus e di criminologia al master di II livello dell’università Niccolò Cusano ha analizzato il fatto.
“All’origine degli stupri di gruppo c’è di frequente il desiderio di umiliare la preda perché magari negatasi in un’altra situazione a quello che in quel momento rappresenta il capobranco. Il sesso spesso non ha nulla a che fare in questi casi con i termini di finalità, ma è un mero esercizio di superiorità. E’ un metodo praticato esclusivamente per sottomettere ed umiliare la donna nella maniera più feroce possibile, a riprova e conferma del potere maschile culturalmente radicato.
Come tutti i manipolatori narcisisti anche i protagonisti della macabra vicenda di Catania pensano che la vittima gli appartenga e di avere quindi su di lei un diritto speciale.
È questo il punto: hanno elaborato un concetto personalissimo quanto distorto di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. Il confine tra bene e male per loro è quanto mai labile, ed è questo sistema anomico, ossia privo di valori, che orienta i loro comportamenti.
Lo sfondo della violenza non riguarda soltanto contesti di deprivazione sociale e/o economica.
I dati della Direzione centrale della polizia criminale sono chiari . C’è sicuramente un incremento degli stupri. A questo si affianca un aumento dei reati sessuali con minori sia come vittime che come autori; spaventosamente acuitasi negli ultimi cinque anni.
Il fenomeno non può essere quindi considerato emergenziale ma oramai strutturale del nostro Paese. Un problema in primis diseducativo, di una mancata alleanza e corresponsabilità tra le primarie agenzie educative: scuola e famiglia.
L’autoritarismo, a volte eccessivo, del genitore “patriarcale”, pare si sia trasformato in laissez faire educativo e giustificazionismo, che incoraggia i figli a trovare sempre nuovi capi espiatori alle proprie mancanze.
Inoltre i social media hanno sempre di più un’influenza destabilizzante sui processi che stanno alla base di un’identità sicura. La smaterializzazione della realtà, connotato essenziale purtroppo dell’epoca attuale, accentua il processo di rimozione del rischio e del senso del limite, essenziali, in vista della costruzione di identità mature.
Da un punto di vista strettamente psicologico va chiarito che di solito, i maltrattatori (esclusi quelli affetti da infermità in senso stretto ossia da condizioni morbose che comportano un disordine mentale di particolare gravità, una disgregazione più o meno avanzata di tutta la personalità, la quale risulta globalmente compromessa) non perdono affatto la testa, anzi sanno perfettamente quando fermarsi e fino a che punto sono in grado di terrorizzare la vittima. Sanno fin dove possono spingersi e lo fanno deliberatamente, lucidamente e con l’obiettivo di mantenere saldo il controllo sulla malcapitata.
Figli, spesso abbandonati a sé stessi, accedono, fin da piccoli e con facilità e per tempi illimitati, alla rete dove la mercificazione del corpo della donna è l’immagine dominante, quasi ossessiva.
Occorre un piano d’emergenza con esperti al lavoro e formazione nelle scuole di ogni ordine e grado. Siamo sicuramente dotati di una buona legge in linea di massima, con buoni strumenti di tutela ma il problema è come viene applicata e con quali tempistiche.
La violenza resta, nonostante la lex più o meno in fieri, ancora una sconfitta di tutti:
famiglia, scuola, società”.