Riconosciuta anche l’aggravante degli atti persecutori
FROSINONE – Condanna a 24 anni di carcere per Pietro Ialongo, 40 anni, di Cerro a Volturno (Isernia) accusato dell’omicidio della sua ex fidanzata, Romina De Cesare (36), originaria del paese molisano, uccisa a coltellate la notte tra il 2 e il 3 maggio del 2022 a Frosinone nell’abitazione che i due avevano condiviso per alcuni mesi. L’uomo, giudicato in primo grado dalla Corte d’Assise di Frosinone, era accusato dei reati di omicidio volontario e atti persecutori. Il pm aveva chiesto 23 anni di reclusione e il riconoscimento delle attenuanti generiche all’imputato. I giudici, dopo più di un’ora di camera di consiglio, nell’emettere la sentenza di condanna, hanno riconosciuto le aggravanti della coabitazione e degli atti persecutori. “Il risultato ha confermato l’impianto accusatorio così come formulato dall’Ufficio di Procura – ha detto all’ANSA Danilo Leva, avvocato della famiglia De Cesare – e che noi abbiamo sostenuto, anche oggi in discussione: confermato non solo l’omicidio, ma anche aggravato dallo stalking, dalla convivenza e dalla relazione affettiva. Poi, prendiamo atto della la richiesta che la Procura ha avanzato per il riconoscimento delle attenuanti generiche all’imputato che la Corte d’Assise ha accolto in regime di equivalenza con le contestate aggravanti. Sono soddisfatto del lavoro svolto, poi di fronte a fatti così gravi, crimini così efferati, non ci sono vincitori o vinti. E’ un delitto non passionale, ma di potere della relazione di dominio di un uomo su una donna, tesi confermata dalla risultanze istruttorie”. In aula c’erano anche il papà e fratello di Romina De Cesare: “Erano visibilmente commossi – ha riferito l’avvocato Leva -, mi hanno detto: giustizia è fatta, come sempre quando c’è sentenza di condanna. Credo che Romina, così come tutte le vittime di femminicidio, non può essere considerate una delle tante, il rischio è che cali il sipario dell’indifferenza su una vicenda di questo tipo, e questo non è giusto. Va fatta una riflessione collettiva: 150 vittime di femminicidio all’anno, pone tutti di fronte alla necessità impellente di fare qualcosa. Non essere indifferenti perché Romina poteva essere la figlia o la sorella di ciascuno di noi”.