ROMA – Dodici anni fa moriva Giorgio Chinaglia, icona della Lazio scudettata di Tommaso Maestrelli.
Era il 1 aprile 2012 quando dalla Florida (da Naples per la precisione) arrivò la notizia della morte di Long John per un attacco cardiaco che lo aveva colpito il 30 marzo 2012 e per il quale era stato operato per l’applicazione di quattro stent.
Chinaglia è stato la punta di diamante della “romanzata” Lazio che vinse lo scudetto del 1974. La Lazio delle “Canaglie” di Angelo Carotenuto”, di “Pistole e palloni” di Guy Chiappaventi e della “Grande e maledetta, la Lazio del ’74”, la miniserie di Sky prodotta da Stefano De Grandis,
Giorgio Chinaglia nasce a Carrara nel 1947 da una famiglia di umili origini. Il padre Mario, insieme alla moglie Giovanna e alla sorella Rita, emigra in Galles dove trova lavoro in una miniera per poi negli anni seguenti aprire un ristorante, mentre il piccolo Giorgio rimane in Italia con la nonna Clelia fino al 1955. In quell’anno, affrontando a soli 8 anni con la sorellina un lunghissimo viaggio in treno, seguirà la famiglia a Cardiff.
Dopo le prime esperienze calcistiche in Gran Bretagna arriva il primo trasferimento in Italia tra le file della Massese, in Serie C, e successivamente all’Internapoli, sempre in C, per passare poi alla Lazio (neopromossa in Serie A) nell’annata 1969-1970. Segnò 12 gol nel primo anno e 9 nel secondo, in coincidenza con la retrocessione in Serie B. Nella stagione 1971-1972 vince la classifica cannonieri della serie cadetta e contribuisce in maniera determinante con i suoi 21 gol al ritorno in massima serie dei capitolini, guidati dal tecnico Tommaso Maestrelli. Nella stagione 1972-1973 la neopromossa Lazio sfiora clamorosamente la conquista dello scudetto, perso all’ultima giornata di campionato complice la sconfitta con il Napoli e la contemporanea vittoria della Juventus sui cugini giallorossi della Roma. L’anno seguente, grazie alle sue 24 reti, Chinaglia conquista, oltre al primato nella classifica cannonieri, il Tricolore con la Lazio realizzando alla penultima giornata (il 12 maggio 1974) il calcio di rigore decisivo nell’incontro disputato allo Stadio Olimpico vinto con il Foggia per 1-0.
Dopo lo scudetto iniziano gli anni bui di quella Lazio “Grande e maledetta” con la morte di Tommaso Maestrelli, la tragedia Re Cecconi e la “fuga” dello stesso Chinaglia negli Stati Uniti per giocare nel Cosmos.
Chinaglia si è cimentato anche nelle vesti di cantante incidendo, nel 1974, il brano “(I’m) Football Crazy”, che fu colonna sonora del film “L’arbitro”, interpretato da Lando Buzzanca. A Chinaglia gli Squallor hanno legato il titolo di un loro brano, “Il Vangelo secondo Chinaglia”. È citato anche in una canzone di Rino Gaetano dal titolo “Mio fratello è figlio unico”. A lui è dedicato il brano “Quando Giorgio tornerà”, scritto e interpretato da Toni Malco nel 1983.
Nel 1983 ritorna in Italia, questa volta come presidente della Lazio, ruolo ereditato da Gian Chiarion Casoni il giorno 13 luglio. Esperienza non fortunata in quanto nel febbraio 1986 Chinaglia è costretto a cedere la quota di maggioranza del club biancoceleste, a causa di problemi economici, all’imprenditore e uomo di sport Franco Chimenti.
Ha trascorso gli ultimi anni della sua vita in America. Muore la mattina del 1º aprile 2012 nella sua casa di Naples, in Florida. È sepolto a Roma, presso il Cimitero Flaminio, accanto a Tommaso Maestrelli, il suo allenatore dello scudetto, e a Giuseppe Wilson, capitano di quella squadra.