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    20 Maggio 2024
    Infallibili predatori, storico poker e 6/8: così proseguì l’egemonia guardiolana

    Difficile crederlo, pensarlo, immaginarlo a fine anni novanta. Difficile pensarlo per chi, tra i film calcistici d’infanzia di un’intera generazionale, non può far altro che ricordare Jimmy Grimble. Da un decennio ormai la città di Manchester continua a colorarsi d’azzurro. E non potrebbe esser altrimenti. Merito a chi ha reso celebri gli investimenti arabi, le prime Premier di Mancini e Pellegrini, un ciclo leggendario del calcio britannico: quarta Premier consecutiva, come Pep nessuno mai, egemonia guardiolana che adesso annovera ben 6 Prem in 8 anni, oltre quella ciliegina impressa nella storia del Treble della passata stagione a cui può succedere, sfortunata rigorata madridista alle spalle, un altro meraviglioso Double, se sabato Wembley dovesse ancora una volta narrare dominio Citizens sul Man United di un Ten Hag allo stato brado. Ma si sa, la Coppa d’Inghilterra è la Coppa d’Inghilterra, la FA Cup è sempre la FA Cup, mai dar nulla per scontato, soprattutto se si affrontano istituzioni così storiche. Ed a tifar Man City saranno pure Chelsea e Newcastle, per rispettar quanto conseguito in campionato: sesto e settimo posto proprio davanti ai Red Devils ottavi, che rispettivamente può significare Europa e Conference League. S’è chiusa dunque la Prem 23/24 col gran finale di un’istituzione animalesca, vera e propria predatrice: Manchester City 91, Arsenal 89. Nessun miracolo all’Etihad, West Ham subito mentalmente e tecnicamente abbattuto dalle folate di Foden, esploso alla definitiva consacrazione: stavolta lui, non a caso giocatore dell’anno in Prem, a prendersi tutte le copertine con un’altra fulminea doppietta che significa 19 gol stagionali, otto assist, due triplette, accompagnate e realizzate da soluzioni balistiche straordinarie, ne sa qualcosa Santiago Bernabeu stesso. 3-1 sul West Ham a spegnere all’istante ogni speranza dei Gunners, seppur vincitori alla fine anche all’ultimo atto, per un cammino altrettanto finito però con un pugno di mosche, medaglia d’argento e lacrime, sebben gran consapevolezza dei propri mezzi. E deve esser veramente dura battere questo Man City, quasi impossibile, se pensate a quante volte per stesso motivo e matrice, con mole di punti ancor più alta, nelle passate stagioni lo stesso Liverpool di Klopp s’è dovuto arrendere più e più volte. Un Arsenal straordinario, giunto alla definitiva e matura consacrazione, non a caso in testa fino a cinque giorni orsono e per tutto l’arco primaverile. Ma il Man City ha sempre avuto l’ultima carta, l’ultima parola, l’ultima mossa in un gioco a scacchi che, da veri predatori, non sbagliano mai. Quando scocca la primavera scatta l’odore del sangue: c’è solo da vincere, ogni gara, nonostante pressione. E Pep e i suoi leoni, ancora una volta, non hanno tradito. Merito di leader che non sanno fallire: ruggente Dias, ruggente Rodri, ruggente Walker. Come se godessero ad esser equilibristi sul vuoto: sapevano che con questi Gunners non avrebbero potuto sbagliar nulla, e così è stato. Con buona pace d’Arteta, allievo dalle 16 vittorie nelle ultime 19 in Prem, pensate un pochino. Impresa straordinaria, l’ennesima. Non è normale quel che sta facendo il Man City di Guardiola in NBA, non va normalizzato. La più forte, sempre e comunque, di tutte le regine britanniche.