Il calcio inglese resta il calcio inglese. E la sua massima istituzione, eterna e storica, la FA Cup, non mente mai. Se c’è terra dei sogni e calderone di intrinseca ottocentesca magia, è proprio la Coppa d’Inghilterra. Se c’è contesto ove tutto può succedere e si può sovvertire ogni pronostico, quello si chiama Coppa d’Inghilterra. Ed è stato così anche ieri a Wembley, arco che ha narrato la clamorosa vittoria in finale del Manchester United sul Manchester City, un 2-1 finale che porta le firme di chi ha saputo sorprendere e incanalare sui binari giusti la gara nel primo tempo: prima Garnacho a sfruttare la clamorosa frittata tra Ortega e Gvardiol (due super protagonisti del titolo), poi Mainoo su meraviglioso sviluppo e assist di un capito come Bruno Fernandes che, seppur discusso dalle istituzioni rosse, resta calciatore planetario. Riapre Doku alla fine a macchiare la prestazione di Onana ma stavolta Ten Hag si prende eccome la sua rivincita: resiste al ritorno del City, dimostra di saper alzare il muro (anni dopo, quando necessario) e si porta a casa un altro titolo quando tutti, probabilmente, descrivevano la finale di Wembley come la sua ultima panchina Red Devils, complice secondo anno complicatissimo. Una stagione che finisce alla grande, che consegue a terzo posto e Carabao della passata stagione, che consegna l’Europa League ai diavoli rossi, relega il Chelsea in Conference e toglie qualsiasi Vecchio Continente al Newcastle. La vittoria dei teenagers che sono diventati grandi. Evidentemente avevano bisogno di ruggire. Ma farlo sotto l’arco non è esattamente qualcosa di semplice. Specialmente considerato derby e avversario, distratto, più che pancia piena. Per Pep “solo” la Premier. Chissà se invece la vittoria di Wembley cambierà il destino di Ten Hag (che sembrava ormai spacciato) nel nuovo cosmo e ordine delle idee di Sir Raitcliffe, nuovo condottiero United. Una cosa è certa: saranno giorni di festa grande, per una volta Manchester torna tutta rossa.